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Per un’etica della cura. La vita umana come esistenza vulnerabile in Cicely Saunders

“Tu sei importante perché sei tu, e sei importante fino all’ultimo momento della tua vita. Faremo ogni cosa possibile non solo per permetterti di morire in pace, ma anche per farti vivere fino al momento della tua morte”

di Ilaria Malagrinò
La pandemia da Covid–19 ha ravvivato tragicamente la nostra consapevolezza che malattia, sofferenza, vecchiaia e morte sono fatti universali e che rivendicano un significato non sempre facile da trovare. La vita umana è costantemente “sull’orlo dell’abisso”, diretta verso “situazioni limite” come direbbe Jaspers. La vulnerabilità è parte della humana conditio, la caratteristica che ne esprime la finitezza e la fragilità intrinseche. La vulnerabilità è come forma o modalità di esistenza umana incorporata nella vitalità. La necessaria apertura del vivente, il fatto che il suo autosostentamento nella vita dipenda dallo scambio con l’ambiente, lo rende precario, bisognoso e sempre sulla soglia della malattia e della morte. L’assoluta invulnerabilità porterebbe con sé la perdita della condizione di essere vivo e, quindi, la perdita della stessa condizione umana. La vulnerabilità è quindi da declinarsi nei termini della più potente, minacciosa e allo stesso tempo arricchente dimensione di tutta la vita umana. Esaminare questo carattere paradossale della vulnerabilità è, così, un modo per tornare, ad experimentum, a un realismo morale–filosofico, a una più ampia comprensione della categoria dell’umanità, colta né solo nella concrezione bio–genetica della specie né nell’astrazione filosofica della perfezione della natura, ma, nella sua ubicazione, biografica ed esistenziale nel mondo tra la vita e la morte. In quanto esperienza tragica di vulnerabilità, la pandemia ci spinge ad un ripensamento o, quanto meno, ad una riconcettualizzazione del significato della vita umana e delle sue concretizzazioni esistenziali. Quello di cui abbiamo bisogno è un nuovo paradigma culturale che parta dal riconoscimento della contingenza della vita. L’urgenza non è solo quella di leggi protettive, quanto piuttosto di criteri di intelligibilità diversi.
E, a riguardo, particolarmente interessanti appaiono proprio le riflessioni di Cicely Saunders, fondatrice dell’Hospice Movement, che, sottolineando l'importanza delle cure palliative nella medicina moderna, ha dato il via al modo più confortevole possibile di assistere i malati terminali fino alla fine della loro vita. Cicely è stata una figura rivoluzionaria nell’ambito della storia della medicina, della bioetica e dell’antropologia, perché ha posto le basi di un nuovo approccio, olistico, integrale e, come direbbe lei, totale alla cura dei malati che, insistendo sul carattere dinamico del vivere, impegna il pensiero in un’analisi situazionale, concreta e dinamica di cosa significa esseri vivi. Per la nostra autrice, la vita, o meglio, il vivere è cambiamento e auto–trasformazione. La forza rivoluzionaria di tale quadro interpretativo consiste proprio nel divieto ad esso intrinseco di spostare l’attenzione dal possibile all’effettivo di modo tale che ogni istanza di sviluppo sia vista come un risultato eccezionale a sé stante.

Al contrario, il pensiero del processo invita a considerare gli individui in termini di cambiamento incessante, emergenza e autotrasformazione; ci spinge a riconoscere che ciò che realmente esiste non sono persone già fatte ma in divenire. Un tale orientamento intellettuale ha chiaramente molto da offrire, poiché si concentra sulle micro–pratiche del “quotidiano” o su quello che è stato definito “coping pratico” e sulla dimensione del senso. Il pensiero del processo, dunque, riconosce che la contingenza, l’emergenza, la creatività e la complessità sono fondamentali per la nostra comprensione della vita umana. Esso, inoltre, porta con sé una concezione degli individui intesi non come entità autonome chiuse nel loro guscio, quanto piuttosto li coglie nella loro relazionalità. Da questo punto di vista, la persona non è da intendersi come un’entità distinta che si limita a relazionarsi esternamente al proprio ambiente in modo tale da lasciare la sua natura specifica internamente inalterata. È la relazionalità che contribuisce a definire gli individui in maniera tale che le loro identità e caratteristiche non siano stabilite a priori, ovvero prima del loro effettivo coinvolgimento con gli altri. La persona diviene, maturando, e il suo divenire è parte integrante del processo del divenire del mondo.
Proprio per questo è possibile dire che quello di Saunders sia un pensiero della creatività. È nella lettura della sua concettualizzazione di vita come critica alla mortalità che i suoi contributi più singolari diventano evidenti. Per la nostra autrice, il carattere dell’esperienza umana non è modellato principalmente dal suo finale ma dalle sue condizioni di emergenza. In contrasto con la mortalità, offre la vitalità, la capacità di essere in relazione vitale con la propria situazione esistenziale come evento di novità e potenzialità. Cicely non nega il ruolo costitutivo della mortalità nell’esistenza umana, ma teorizza la novità e creatività per controbilanciare il fatalismo e il nichilismo che accompagnano una fissazione sull’eventuale fine di una particolare vita umana. Lo spazio vitale dell’uomo corre verso la morte, ma sarebbe inevitabilmente portare tutto ciò che è umano alla rovina e alla distruzione, se non fosse per la facoltà di interrompere tale corso e di iniziare qualcosa di nuovo. Una facoltà inerente all’azione come un promemoria sempre presente che ricorda agli uomini che, sebbene debbano morire, non sono nati per morire ma dentro l’ordine del cominciare e ricominciare. In tale orizzonte antropologico, la nostra mortalità rivela una creatività originaria. L’essere umano è prima di tutto l’essenza di inizio.
In tal senso, la magistrale novità contenuta nelle lettere di Saunders e che ne fa esaltare la sua estrema importanza culturale riguarda proprio il concetto di vulnerabilità a cui apre e che sicuramente dà a pensare. Di solito si presuppone che vivere in modo vulnerabile sia un compito, un progetto, legato a particolari stati o momenti di vita, a specifiche condizioni di disabilità, ma non lo è. Non è un tipo particolare di attività o progetto. Non cerchiamo di diventare vulnerabili. Piuttosto siamo vulnerabili. La nostra vulnerabilità dipende dall’apertura ontologica fondamentale. È quest’apertura intesa come esperienza di disagio con il non familiare, l’incontrollato e l’imprevedibile che ci rende vulnerabili. E, tuttavia, solo attraverso la confusione in questa esperienza impariamo, cambiamo e andiamo oltre i nostri limiti attuali. L’associazione di vulnerabilità con idee di espropriazione ed esposizione indica qualcosa di vitale riguardo al suo significato: la vulnerabilità è definita dall’apertura, e tale apertura implica l’incapacità di prevedere, controllare e conoscere appieno ciò a cui siamo aperti e come ci influenzerà. Le lettere di Saunders, quindi, autorizzano ad andare verso una comprensione della vulnerabilità che rompa con il pensiero oppositivo, dualista dell’oppresso e del forte, e ci autorizzano a concepire la vulnerabilità in termini di potenzialità e apertura al cambiamento. Definita in questo modo, la vulnerabilità opera come una condizione trascendentale: essere vulnerabili, aperti a essere colpiti e a influenzare, è il presupposto fondamentale per l’esperienza in generale. È un’occasione per diventare altro da quello che si è. Così, l’apertura all’altro e ai suoi effetti sul sé, è anche apertura alla trasformazione in relazione a questo altro: ricettività, non chiusura, e auto–espropriazione conferiscono un “dono di mutevolezza”. L’apertura a sperimentare l’alterità e l’alterazione che ne consegue è la condizione dell’invenzione. Le persone diventano più ricche e forti quanto più sono fragili e vulnerabili. Una risposta affermativa e generosa alla condizione fondamentale di vulnerabilità richiede una nuova forma di forza che non è padronanza o dominanza, ma “forza della fragilità”.
Da qui la proposta di considerare il care, la cura, come atto etico adeguato alla vita umana. La vita umana ha bisogno di cure perché è fragile e vulnerabile. La vulnerabilità riporta la persona ad una bisognosità che appare come un elemento costitutivo della vita. Il bisogno che detronizza l’autosufficienza individuale diventa relazione intersoggettiva. Esso sollecita la cura che definisce così lo spazio in cui diventa possibile l’ascolto empatico della fragilità. Tale posizione interpretativa risulta alquanto interessante, poiché focalizzare l’attenzione sulla vulnerabilità presuppone una certa attitudine a non cercare soluzioni finali, sicurezza e guida in principi astratti e teorici, per abbracciare le incertezze empiriche della nostra esistenza concedendoci un senso di stupore proprio riguardo la mortalità, la debolezza e la dipendenza.Tutte caratteristiche che trovano piena realizzazione e valorizzazione nella cura fondamentalmente intesa come incontro diretto con l’altro colto nel suo aspetto di contatto, ovvero come accompagnamento. La parola accompagnare è la combinazione delle parole latine ad (verso), cum (con) e panem (pane) e significa letteralmente “condividere il pane in vista di”. Ora, tali elementi sono importanti perché consentono di stabilire un’etica specifica del prendersi cura, evidenziando gli standard elevati e l’ambizione di questa postura. Accompagnare non è guidare, anche con le migliori intenzioni. È accettare più modestamente gli alti e bassi dell’altro, la sua rabbia, le sue smentite, i suoi silenzi, i suoi errori, così come le sue gioie, le sue risate, possibilmente la sua serenità, senza cercare di riorientarlo o abbandonarlo a causa di tutto ciò. Da questo punto di vista, quindi, vediamo che è la nozione di cum (con) ad essere il vero cuore dell’accompagnamento. Essere “con” non è stare davanti o sopra, in una postura che sopravvaluta colui che cura, insistendo sul suo potere di influenza sull’altro. Ma, stare con non è neanche stare dietro o sotto, in una posizione che, al contrario, sopravvaluta la persona vulnerabile per farne un “maestro di vita”. Stare con, quindi, è semplicemente stare insieme, desiderosi di offrire qualcosa di sé e di accogliere qualcosa dell’altro, nella condivisione. Si basa sulla capacità di aprirsi gli uni agli altri, di esporsi senza mettersi in mostra. L’accompagnamento pensato come un “essere con” non è un prudente atteggiamento di neutralità, è un temerario atteggiamento di sincerità per poter poi instaurare, nonostante le differenze di situazione, un rapporto non di debito, ma di parità. La condizione principale dello “stare con” è la presenza: la sfida è osare essere presenti, rendendosi pienamente attenti e disponibili, con una postura delicata ma altrimenti benefica. Essere responsabili è quindi anche accettare di non avere una risposta efficiente. O più esattamente, è accettare che la presenza sia di per sé la risposta. Poter dire consapevolmente “io sono qui”, o semplicemente manifestarlo, è sicuramente uno degli atti di cura più commoventi. Così, la risposta responsabile si dirige verso colui che, a causa della sua fragilità, si vede progressivamente ridotto a una certa passività e a una vera solitudine esistenziale, e lo ristabilisce come essere di legame, capace di ricevere e di dare. In tal senso, essa ha un effetto dirompente anche su colui che cura, poiché lo spoglia della presunzione di dover fare a tutti i costi qualcosa facendogli scoprire improvvisamente, con un certo sollievo, la leggerezza e la profonda felicità di osare semplicemente esserci, senza progetto, senza aspettative. L’accompagnamento va oltre la relazione di aiuto e la sua travolgente unilateralità per augurare la trasformazione di ciascuno attraverso la gioia di un incontro e attraverso gli orizzonti insospettati della reciprocità.
“Dove ci è permesso di vegliare da vicino e condividere profondamente, potremmo non trovare una risposta a tutte le nostre domande sulla sofferenza e la morte, ma invece troviamo una persona e il nostro interrogativo si trasforma in meraviglia. Abbiamo anche visto che quando la sofferenza si trasforma in un'offerta d'amore, allora è la via dell'unione. E, in questa realtà, potrebbe esserci un nuovo incontro con coloro che amiamo. Così anche la separazione può essere trasformata. In questo modo l'oscurità è compresa dalla luce e la morte è inghiottita nella vittoria”.

Ilaria Malagrinò

L'Istituo Italiano di Bioetica di Roma organizza un incontro on line Giovedì 17 febbraio ore 17,30 con Ilaria MALAGRINO’ Per un’etica della cura. La vita umana come esistenza vulnerabile in Cicely Saunders 

Nell’attuale dibattito sul fine vita forse vale la pena riscoprire le motivazioni che hanno portato una donna, Cicely Saunders, a dar vita alla diffusione degli Hospice, sottolineando l’importanza delle cure palliative nella medicina moderna, assistendo i malati terminali fino alla fine della loro vita nel modo più confortevole possibile. Interviene

Luisella Battaglia, Università di Genova, CNB
Coordina

Franco A. Meschini, Università di Lecce, Istituto Italiano di Bioetica

Audio dell'incontro

Mercoledì 24 novembre h 10,00 presso l'Aula Magna, Campus Folcara 

MALATTIA E VULNERABILITA' NEL POST PANDEMIA: NUOVE SFIDE PER LA BIOETICA?

convegno organizzato dall'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute in collaborazione con Istituto Italiano di Bioetica

Registrazione in presenza dalle 9.30 alle 10.00

Saluti

Magnifico Rettore, Prof. Marco Dell’Isola

Direttore del Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute, Prof.ssa Elisabetta De Vito

Presidente dell’Istituto Italiano di Bioetica - Sezione Romana, Prof. Franco Aurelio Meschini

Presidente dell’Ordine Forense Cassino, Avv. Gianluca Giannichedda

Relatori

Prof. Silvano Franco (Associato di Storia Contemporanea, UNICAS)

Endemia e pandemia: l’approccio legislativo, politico e sociale tra XIX e XXI secolo

Prof.ssa Luisella Battaglia (Ordinario di Filosofia Morale e Bioetica, Università degli Studi di Genova),

L’idea di salute globale. Una sfida per la Bioetica

Prof. Vincenzo Atella (Ordinario di Economia Politica, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)

L’emergenza COVID-19 e le nuove disuguaglianze: un mondo nuovo con nuovi problemi

Prof. Marco Plutino (Associato di Diritto Costituzionale, UNICAS)

La fuoriuscita dalla pandemia: le questioni bioetiche viste dalla prospettiva costituzionalista

Dott.ssa Federica Madonna, Ph. D (Docente a Contratto di Storia della Filosofia, UNICAS)

Vulnerabilità e generazioni future: un problema di altruismo?

Prof. Francesco Bellino (Ordinario di Filosofia Morale e Bioetica, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”)

La bioetica post-pandemica e la priorità del principio di vulnerabilità

Modera

Dott.ssa Federica Madonna

Convegno visibile in straming al link www.unicas.it/live

Comitato Tecnico Scientifico

Dott.ssa Federica Madonna (Coordinatore)

Prof.ssa Elisabetta De Vito (Componente)

Prof.ssa Luisella Battaglia (Componente)

PROGRAMMA (pdf)

L’evento è in corso di accreditamento presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cassino ai fini della formazione continua

L’incontro è da intendersi ‘blended’, soggetto alle variazioni delle disposizioni vigenti in materia di salute pubblica.In conformità a quanto prescritto dai vigenti provvedimenti legislativi, saranno adottate tutte le misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del COVID-19. L’accesso sarà consentito esclusivamente ai soggetti muniti di Certificazione verde COVID-19 (legge 17 giugno 2021, n. 87). La relativa verifica verrà effettuata secondo quanto previsto dall’art. 13 del D.P.C.M. 17 giugno 2021 “Disposizioni attuative dell’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante “Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19”. L’evento sarà svolti esclusivamente con posti a sedere preassegnati, assicurando il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro con un numero massimo di spettatori pari a quello indicato negli specifici elaborati predisposti.

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