Luisella Battaglia
(da Il SECOLO XIX 19 ottobre 2018)
Oggi, alle 14.30, al Castello Simon Boccanegra, Largo Rosanna Benzi 10, si apre la Giornata Mondiale della Bioetica, organizzata dall’UNESCO e dall’ISTITUTO ITALIANO DI BIOETICA, col patrocinio dell’Università di Genova sul tema
“Solidarietà e cooperazione”.
E’ nel segno della solidarietà e della cooperazione – parole chiave dell’art.13 della Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti umani dell’Unesco – che si celebra anche quest’anno nella nostra città il “World Bioethics Day”. Un’occasione importante per riflettere sulle ragioni della solidarietà nei suoi diversi campi di applicazione, dai rapporti terapeutici ai diritti costituzionali, con particolare attenzione per i contesti dell’assistenza e della cura. Ma anche un appuntamento di particolare rilievo per Genova, ferita da un’immane tragedia, che ha dato vita a grandi manifestazioni di solidarietà --“Oltre il ponte c’è”, ”Riprendiamoci la città ”StraGenova del Cuore”-- , senza distinzione di ideologie politiche e di ceti sociali , nella piena condivisione degli obiettivi: apertura delle strade, tutela della salute, impegno per salvare i posti di lavoro, potenziamento dei servizi sanitari. Riflettere sulle ragioni della solidarietà significa tuttavia inevitabilmente considerarne i limiti. Fin dove si può estendere? Come si configura il suo rapporto con la legalità? La vicenda del sindaco di Riace, il paesino calabrese divenuto, per opera sua, simbolo internazionale dell’assistenza, ha posto con forza alla nostra coscienza questi interrogativi. Il sindaco, animato da intenti umanitari, ha fatto leva sui migranti per ripopolare un borgo deserto, salvando non solo centinaia di vite ma creando altrettanti posti di lavoro e portando benessere all’intero paese, sennonché, per realizzare il suo progetto, ha commesso una serie di irregolarità di natura giuridica e amministrativa che gli sono costati gli arresti domiciliari. La solidarietà senza legalità – è stato detto – diventa caos e arbitrio; nessuno può essere sopra le leggi; in uno stato di diritto il fine non giustifica i mezzi. Autorevoli considerazioni, certo, che lasciano tuttavia irrisolta la questione degli incerti confini tra etica e diritto, tra giustizia e legalità: un classico dilemma—da Antigone a Thoreau a Gandhi--e un dibattito antico. Come non ricordare il caso di Danilo Dolci, anche lui “fuori legge”, processato per aver proclamato nel 1956 a Partinico lo “sciopero del lavoro”, portando un gruppo di braccianti a lavorare nei campi in nome di quel diritto al lavoro che la Costituzione garantiva ma che la legge vietava? Resta il fatto che oggi un’etica della solidarietà – qualificata spesso con disprezzo dai suoi detrattori col termine “buonismo” – si sta, sia pur faticosamente, affermando. Ne è un segnale, ad esempio, la grande partecipazione – 100.000 persone di tutte le età - alla Marcia Perugia Assisi, voluta fin dagli anni 60 da Aldo Capitini, maestro della nonviolenza, all’insegna della fraternità. Solidarietà – si è detto - è la parola che meglio racconta lo spirito della giornata: “riscoprire la bellezza di camminare insieme, di costruire un argine alla discriminazione, di rimettere al centro della nostra comunità le persone, tutte. Non una deve essere lasciata indietro”. Ma anche sul piano internazionale troviamo segnali che vanno in questa direzione. Il premio Nobel per la pace è stato assegnato quest’anno a Denis Mukwege, un ginecologo del Congo che in 20 anni di guerra civile ha curato o, per meglio dire, “riparato” più di 40.000 donne, vittime di quello che è stato definito “genocidio sessuale”, e a Nadia Murad, una ragazza di uno sperduto villaggio dell’Irak, continuamente minacciata di rapimento e di morte, che ha avuto il coraggio di denunciare coi suoi libri e la sua strenua resistenza, la schiavitù, le sevizie, le atrocità inflitte dall’Isis al suo popolo. Entrambi ci parlano di drammi lontani da noi, di cui sono protagonisti quelli che sono troppo spesso ‘invisibili’ al nostro sguardo. Eppure oggi siamo tutti, consciamente o no, spettatori globali del dramma planetario della sofferenza, testimoni oculari del male inflitto agli umani ovunque nel mondo. Per questo non possiamo più farci scudo dell’ignoranza. È quanto ci ricorda la Giornata Mondiale della Bioetica. L’età globale, insieme alle interdipendenze degli eventi, produce l’interconnessione degli esseri umani, reciprocamente dipendenti, vulnerabili, bisognosi gli uni dagli altri, esposti alle stesse sfide: siamo ormai pienamente una comunità di destino.