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Evoluzione e creazione. Un confronto senza fine?

Pasquale Giustiniani

Appena qualche tempo fa, nel corso del mese di ottobre 2013, su “La Repubblica”, una lettera ad Augias, scritta da un sostenitore del creazionismo, smentiva che l'evoluzionismo fosse da ritenere una teoria certa e accreditata, quanto meno sostenuta da tutti. Nella sua risposta, il giornalista ospitava il parere di Telmo Pievani, filosofo della scienza, il quale ribadiva invece, che “la giustezza dell'ipotesi darwiniana sull'evoluzione delle varie specie viventi prevale largamente ovunque”[1].

Sono gli esempi, per così dire postmoderni, di una discussione mai sopita, generatasi nella cultura europea fin dal primo apparire degli scritti di Charles Darwin sull'origine delle specie per selezione naturale che, nella lotta per la vita, favorirebbe alcune “razze” (On the origin of the species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life, London 1859), nonché sull'evoluzione selettiva dell'essere umano in relazione alla dinamica e all'identità sessuale (The descent of man, and selection in relation to sex, London 1871).

Qualche anno dopo la pubblicazione del secondo volume di Darwin che, stando al “fatto” dell'evoluzione (di cui il naturalista si era convinto sulla base delle numerose osservazioni empiriche, anche a bordo del Beagle), estendeva anche alle origini dell'essere umano i criteri evolutivi della lotta per la vita, della selezione naturale e della selezione sessuale, la discussione transitò ben presto, dall'attestato (e oggi quasi incontrovertibile) “dato” scientifico evolutivo, alla teorie generali sull'evoluzione, circa le quali intervennero scienziati, filosofi e teologi. Tra i primi in Italia, vanno ricordati almeno lo zoologo Filippo De Filippi (1814-1867)[2] e il filosofo neotomista napoletano Gennaro Portanova il quale, nel 1872, pubblicava, a Napoli, il volume Errori e delirii del darwinismo[3], ritenendo addirittura “delirante”, oltre che epistemologicamente errata, una posizione che, da scientifica, pretendesse di estendersi all'antropologia filosofica trasformando una teoria, di per sé naturalistica e scientifica, in teoria filosofica e perfino teologica, di fatto non mantenendo più le giuste differenze tra aspetti fisiologici e aspetti antropologici nella spiegazione della genesi dell'essere umano, sia a livello filogenetico che ontogenetico.

In definitiva, già nel secondo Ottocento, prendeva corpo una polemica, non ancora del tutto sopita ai giorni nostri, tra fatti e teorie circa l'evoluzione biologica e le sue possibili interpretazioni filosofiche e teologiche. E ciò sia da parte del mondo scientifico che dello stesso Magistero e teologia cristiani. Il mondo scientifico, difatti, per poter far quadrare i dati con le esigenze di ordine del sistema, è arrivato, talvolta, a dover ipotizzare un Intelligent Design, inteso come esistenza di un disegno presupposto all'evoluzione. A sua volta, agli esordi del terzo millennio, addirittura la Commissione Teologica internazionale (un organismo della Dottrina vaticana della fede) si è sentita in dovere d'intervenire circa l'attuale dibattito scientifico ed epistemologico sull'evoluzione, nell'ottica, teologica, di voler conciliare la radicale contingenza dei meccanismi evolutivi e dell'ordine cosmico, pensata alla luce di un criterio evolutivo, con la tradizionale teoria della Provvidenza divina intenzionale causale[4].

È evidente, da parte della riflessione religiosa, la preoccupazione di far rientrare un processo naturale veramente contingente entro un piano provvidenziale di un Dio, che i testi sacri e la tradizione riflessa hanno configurato come creatore, provvidente e in atteggiamento di “governo” continuo del cosmo e dei suoi ritmi biologici. Nella medesima direzione possono essere riletti sia i recenti tentativi di ripensare postumanisticamente, e in connessione con le più aggiornate prospettive della tecnoscienza, i paradigmi scientifici evoluzionisti[5], sia certe rielaborazioni contemporanee della teologia della natura (che si sono fatte maggiormente attente alla questione ecologica e alla bioetica ambientale). Tentativi in tale ultima direzione sono stati svolti sia da parte di cattolici, come Stefan Niklaus Bossard[6], che di evangelici, come J. Moltman, di cui un recente volume, attento al profilo teoretico e teologico del fatto dell'evoluzione, presenta ora analiticamente le posizioni, ponendole anche in controluce rispetto ai percorsi analoghi svolti da K. Rahner[7].

Se la Humani generis di papa Pio XII, ancora negli anni cinquanta del secolo XX, manteneva sostanzialmente dubitativo un giudizio scientifico sul “sistema evoluzionistico” (reputandolo non ancora “indiscutibilmente provato”), essa comunque non poteva non incoraggiare la ricerca e la discussione circa la “dottrina dell'evoluzionismo”[8]. A sua volta, spingendo molto in avanti il confronto simpatetico, piuttosto che le sterili contrapposizioni, tra creazionismo ed evoluzionismo, “nel 2006, Benedetto XVI, nell'incontro tenutosi a Castel Gandolfo sul tema Creazione ed evoluzione, ha ribadito che non si tratta di decidere per un creazionismo chiuso alla scienza o, al contrario, per un evoluzionismo che non si pone esso stesso in questione rispetto alle proprie lacune”[9].

Siamo così al cuore della possibile soluzione conciliativa postmoderna tra scienze e fede, che fa ovviamente prevalere lo et sull'aut: al di là della sua plausibilità e fondatezza scientifica, se ne può concludere che l'evoluzionismo è stato comunque utile alla teologia contemporanea, che è stata, anzi, proprio grazie agli sviluppi della teoria darwiniana, sospinta a “ripensare il nodo centrale della dottrina della creazione: il rapporto di Dio con il mondo e il nesso tra la sua trascendenza di Creatore e la sua immanenza nella creazione”[10]. Difatti, un modello scientifico di mondo in divenire, o se si vuole processuale, collima di più con una nozione teologica di creazione “pensata in un rapporto iniziale, finale e pertanto continuo tra il Creatore e la sua creazione, in cui il fine è presente già nell'inizio e la continuità, con tutte le sue differenziazioni, è un dinamismo che si protende verso una pienezza”[11].

[1] Cf “La Repubblica” del 17.10.2013, 32.

[2] Cf almeno G. Abetti, Filippo De Filippi, “Rivista Geografica Italiana” 46 (1939), fasc. 1-3; cf anche J. Moleschott, Commemorazione di Filippo de Filippi, Stamp. Reale, Torino 1867.

[3] G. Portanova, Errori e delirii del darwinismo, Tipografia degli Accattoncelli, Napoli 1872; su di lui, si può vedere P. Giustiniani, Gennaro Portanova, filosofo cristiano, «La Chiesa nel tempo» 25 (2009), 2, 47-79.

[4] Commissione Teologica Internazionale, Comunione e servizio. La persona umana e creata a immagine di Dio, “La Civiltà cattolica” 155 (2004/IV), 264-286.

[5] Cf, tra gli altri, C. Fuschetto, Darwin, teorico del postumano. Natura, artificio, biopolitica, Mimesis, Milano-Udine 2010.

[6] S. N. Bossard, Erschaft die Welt sign selbst? Die Selbstorganisation von Natur und Mensch aus naturwissenschaftlicher, philosophischer und theologischer Sicht, Freiburg i. Br. 1985.

[7] C. Rubini, Il divenire della creazione in dialogo con Karl Rahner e Jürgen Moltmann, Città Nuova, Roma 2013, 13. Questo volume, in cinque capitoli, è arricchito da un'abbondante Bigliografia generale e specifica (pp. 261-284), nonché da un Indice dei nomi (pp. 285-295).

[8] Pio XII, Lettera enciclica Humani generis: AAS 32 (1950), 561-578, qui 562-563.

[9] C. Rubini, Il divenire della creazione, 235.

[10] Ivi, 231.

[11] Ivi, 235.

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