Sede:
Milano, via Morimondo 5 (20143), negli spazi condivisi con l’Associazione REF (Ricerca, Educazione e Formazione per la qualità della vita dell’ammalato)
INTERVISTE ‘PARALLELE’ A PADRE GIACOMO, ABATE BENEDETTINO, E A GHESCE JAMPA GELEK, MONACO BUDDISTA
Silvana Cagiada ha posto le stesse domande, ma in momenti diversi, a due uomini di fede. L’obiettivo del confronto tra i due rappresentanti spirituali delle due religioni, consiste nel verificare sia i punti di contatto che le diversità su tematiche esistenziali, particolarmente sentite oggi, momento storico successivo all’intervista, laddove l’emergere della fragilità dell’essere umano si manifesta drammaticamente con la pandemia e la conseguente presa di coscienza della difficoltà ad affrontarla.
L’intervista a Padre Giacomo, abate benedettino, è stata raccolta il 1 dicembre 2019 presso il monastero benedettino di San Giovanni Evangelista di Parma, luogo all’interno del quale ha sede anche la “scuola buddhista” della città, in un’ottica interreligiosa di accoglienza e confronto di fedi e culture diverse, nel reciproco rispetto. Padre Giacomo era giunto a Parma dalla Pietra di Bismantova, dopo che i benedettini avevano lasciato l’eremo.
Cosa è per te la sofferenza come persona e come religioso?
Ho scoperto da un mese di avere un tumore. Non mi meraviglio della mia sofferenza, perché ho una maggiore serenità spirituale; mi abbandono alla Provvidenza, perché tutto fa parte di un cammino, non ho paura delle sofferenze e della morte.
Come sarà la vita dopo la morte?
La realtà della sofferenza è il pane quotidiano di tutti e comporta che, in questo cammino, abbiamo delle sofferenze…fa parte della crescita come il giorno, la luce. Il buio ti serve per “caricare la batteria” ed essere più vitale durante la giornata. Un allenamento della mia vita spirituale che mi aiuta a superare….
La vita dopo la morte è tale e quale a Cristo: Cristo è nato, ha sofferto, è morto. E la morte è il destino. Lui lo sapeva, era inconcepibile che un Dio fatto uomo potesse morire, e questa morte è stata uno “scandalo”. E la Madonna sapeva, ma si faceva forte, perché era consapevole che il Figlio Prediletto poteva sempre contare sul Padre, come tutti noi. Dopo la sua morte, è sempre Lui che dà forza e ci illumina sul futuro. Lo Spirito Santo Lo fa sorgere dal sepolcro. E questa esperienza è uguale per tutte le creature. E la facciamo con lo “Spirito di vita", che non è soltanto forza creatrice assoluta, ma dispensatore di gioia e di pace e, nonostante le nostre “mancanze”, i nostri limiti, interviene sempre.
Come combattere l’ingiustizia del mondo? Che cosa può fare il cristiano?
L’ingiustizia del mondo dipende dall’uomo stesso, dalla sua natura, dal suo essere egoista, ma il cristiano può combatterla con la Carità, con la Fede e con la Speranza nell’aiuto di Dio, seguendo il Vangelo e la parola di Dio, unica via che porta al rispetto e alla giustizia tra gli uomini.
Ma quale aiuto concreto con la Carità?
Madre Teresa di Calcutta stava soccorrendo un moribondo abbandonato per strada, e un giornalista che la vide le chiese quale valore di vero aiuto avesse il suo intervento. Ed Ella rispose: “Gli ho sollevato la testa e sono rimasta con lui mentre stava morendo e lui mi ha sorriso prima di morire”.
Gheshe Jampa Gerlek (Istituto Lama Tzong Khapa, Centro Internazionale di studi di buddhismo tibetano -Toscana), monaco buddhista, intervistato il 23 febbraio 2020. Il monaco parla solo in tibetano e si avvale di un interprete per rispondere alle domande.
Le farò le stesse domande che ho rivolto a Padre Giacomo, abate Benedettino. Vorrei mi esprimesse la sua opinione su “la vita dopo la morte”.
Nel buddhismo la vita futura dopo la morte continua, perché la vita futura viene dalla presente. La vita precedente viene dalla vita passata. È un principio senza fine. La nostra coscienza continua, però deve raggiungere un altro elemento. Si parla di “Samsara” e “Nirvana”. Samsara significa che la nostra vita continua, prende un’altra rinascita,perché c’è un’”affezione mentale”, uno “squilibrio”. È un ciclo che continua con il Karma, il frutto delle nostre azioni. Se si esce da questo ciclo si entra nel Nirvana, eliminando affezione mentale e Karma. Dopo il Nirvana, la mente non si ferma, ma continua. Lui o Lei, ormai, possono scegliere di rinascere oppure no, con libertà, dove vogliono. Prima di questo passaggio, invece, si rinasce nella “fede del Karma”, fede basata sulla saggezza. Se una fede è cieca, non va bene. Si deve ragionare e studiare su ciò che ti dà luce. Una fede cieca dà solo ignoranza. Non si devono accettare le mie parole per fede, ma solo se questo vi dà un senso.
In quest’altra vita, quando si parla di Nirvana c’è un Dio, una forza universale che fa muovere il Tutto?
Questo Dio, creatore onnipotente, nel buddhismo non è accettato. Tutto è interdipendente, si basa sul meccanismo di interdipendenza.
Che significato dà alla sofferenza e alla giustizia?
È la sensazione del malessere, sensazione della nostra mente e del nostro fisico, come sensazione cattiva del nostro corpo e della nostra mente. La sensazione mentale può essere positiva o negativa, piacere o dolore nella mente. Il dolore è sofferenza, pianto. L’ingiustizia esiste perché gli uomini non riescono ad intervenire in queste situazioni, ad esempioquando muoiono di fame bambini. Secondo me questa ingiustizia è dovuta alla mancanza del nostro altruismo, di non comprensione e amore. Riguardo aIla domanda (relativa all’ingiustizia) che hai fatto, il buddhismo ha proclamato che tutti gli esseri senzienti sono uguali: alcune razze hanno un atteggiamento di superiorità, così come anche i ricchi verso i poveri ed è per questo che non c’è uguaglianza.
C’è rispetto per gli animali?
Buddha dice che siamo tutti uguali. Siamo tutti esseri senzienti.-
E i vegetali?
Non hanno coscienza.
Padre Giacomo è morto il 6 febbraio 2020. La sua morte ha lasciato un grande vuoto tra le persone, fedeli e non, che si rivolgevano a lui per essere confortate, supportate e per avere un confronto nei momenti oscuri e difficili della propria esistenza. Tutto ciò, grazie alla sua capacità di sdrammatizzare e condividere il dolore, e di far vedere oltre al buio, uno spiraglio di luce che è amore tra gli uomini.
Non sono le solite frasi di commiato per ricordare un defunto, ma è il ringraziamento profondo ad una persona indimenticabile.
Ringrazio anche il monaco Ghesce Jampa Gelek e l’intero gruppo per la cordiale accoglienza e collaborazione, e per aver accettato un confronto certamente illuminante sia per quanto riguarda gli aspetti etici che “il trascendente”.
Dott.ssa Silvana Cagiada
Psicologa clinica, psicoterapeuta
Istituto Italiano di Bioetica- Sezione Regione Lombardia
MEDICINA DI PROSSIMITA'. MEDICINA DEL FUTURO
di Silvana Cagiada*. Il Covid-19 e le criticità del nostro Sistema sanitario. Note e riflessioni in vista del Festival di Bioetica (27-28 agosto, Santa Margherita Ligure)
Di “covid” si è già parlato molto e ancora oggi non conosciamo granché di questo virus.
Si è detto di tutto e il contrario di tutto e la scienza ha dimostrato di essere inadeguata rispetto a qualcosa di inaspettato, non previsto, che ha colpito l’intera umanità. Ma anche di questo si è già parlato molto.
Non voglio pertanto soffermarmi su tematiche, ampiamente discusse, che riguardano il non rispetto del nostro pianeta, l’inquinamento, la limitatezza della scienza.
Vorrei porre invece l’attenzione sul nostro Sistema Sanitario, evidenziandone alcune criticità.
Il nostro Sistema Sanitario presenta aspetti positivi e negativi, ma sono questi ultimi che ci fanno riflettere sulla tragedia che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo, seppur come minaccia incombente.
La separazione, anche amministrativa, tra i servizi sanitari territoriali e le strutture ospedaliere, di necessità, definisce la rottura di un equilibrio nel “rapporto terapeutico”, facendo emergere l’inadeguatezza strutturale ed organizzativa dei primi nel far fronte alle esigenze di pazienti non ospedalizzati a favore di una medicina di prossimità, vale a dire del territorio, vicina alla persona, alle famiglie.
L’attuale medicina territoriale, quindi, è frammentata.
La presenza consistente di un “privato convenzionato”, seppur con un importante investimento su alcuni “poli sanitari ospedalieri d’eccellenza”, a discapito della rete ospedaliera pubblica, inevitabilmente permette sempre meno di parlare di prevenzione, perché, di fatto, si affrontano soprattutto soltanto le più gravi patologie.
Un’integrazione socio-sanitaria, mai pienamente realizzata, avrebbe dovuto riorganizzare l’intero sistema sanitario con i seguenti obiettivi:
- Una medicina di base che garantisse ai cittadini una costante assistenza dal punto di vista socio-sanitario e in cui la “persona” potesse esprimere i propri bisogni in base al proprio background culturale, sociale e di appartenenza, nel rispetto delle diversità.
- Cura della cronicità, limitando il ricovero negli ospedali, se non in caso di acuzie.
- Interventi di telemedicina, potenziati per garantire una maggiore e più completa assistenza a tutti, grazie alla dotazione della strumentazione idonea a favorire questo, ormai indispensabile, strumento tecnologico, peraltro a costi sostenibili. Tale strumento, non può rimanere solo un “concetto”, ma deve essere accettato e utilizzato come “mezzo per fare terapia a distanza”, salvare ed assistere ammalati, spesso abbandonati a se stessi, in situazioni di emergenza, senza nulla togliere al rapporto diretto medico-paziente che può essere comunque presente in un rapporto a distanza, seppur in modo diverso.
- Supportare le persone fragili nell’ambito delle disabilità e della salute mentale, con interventi domiciliari diversificati a supporto delle famiglie. Rientrano tra queste aree anche la cronicità e la riabilitazione .
Il problema riguarda la sanità non solo italiana, ma “di tutto il mondo”, e si può affrontare ripensando e rivalutando una “ Assistenza Sanitaria Integrata”.
Una Nuova Sanità significa “connettersi con la nostra storia” e col “prendersi cura” dell’altro, ripristinando una ”neppur troppo vecchia Sanità”, quando il medico andava a casa del malato, parlava , istruiva e sosteneva la famiglia che doveva, a sua volta, prendersi cura del malato.
Questo particolare momento storico, ci ha riportato a ripensare al diritto alla salute, che è un diritto di ogni uomo e di ogni essere vivente.
.. prendersi cura di chi ne ha bisogno…per poi noi stessi essere presi in cura…
“Fare di neccessità virtù” ( S.Girolamo 340-420 d.c.) con una buona predisposizione d’animo verso le difficoltà che ogni relazione di aiuto comporta.
Ed ecco un altro esempio di contraddizione all’interno di un contesto in cui i sanitari, inizialmente definiti emozionalmente “eroi”, ora vengono di nuovo aggrediti, dimenticando ciò che hanno fatto durante l’emergenza e che, anche in condizione di normalità, continuano a fare, con il sacrificio che questa professione comporta.
Forse ora potremmo essere tutti convinti che si debbano mettere in atto dei cambiamenti sostanziali, a livello culturale più profondo, di coscienza, ad evitare che tutto torni come prima e che il potere economico prevalga, come spesso accade, a discapito della salute.
Ma chi ascolta e rileva i reali bisogni delle persone fragili, sofferenti?
I bisogni non sono sempre gli stessi, mutano, e il cambiamento è continuo.
E’ necessario ascoltare i bisogni della gente attraverso un “ponte” che colleghi il territorio alla struttura sanitaria. “
Operatori ponte” che possono essere sanitari o socio-sanitari, educatori o assistenti sociali, in grado di cogliere empaticamente le necessità di ordine sanitario o sociale, con una visione bio-psico-sociale dell’uomo.
Un’équipe multiprofessionale, non un unico professionista, per una concezione multidimensionale della salute.
La persona deve essere collocata al centro di un sistema che tenga in considerazione le molte variabili che lo compongono e che lo condizionano, secondo il modello biopsicosociale.
E’ necessario quindi partire dall’”assessment” dei bisogni, con verifiche “in itinere”, in cui la malattia non può essere intesa solo in senso organico, ma anche considerando gli aspetti psicologici, sociali, familiari e lavorativi senza dimenticare la vita spirituale intesa come “valore” di ogni singolo individuo.
E’ l’insieme di queste variabili, che interagiscono e possono influenzare il decorso stesso della malattia, che concorrono a favorire la guarigione.
Silvana Cagiada, Psicologa clinica, psicoterapeuta
Istituto italiano di Bioetica- Sezione Lombardia
Note e riflessioni in vista del Festival di Bioetica (27-28 agosto, Santa Margherita Ligure)
Articolo pubblicato anche in noidonne.org
SEDUZIONE
di Silvana Cagiada, Psicologa clinica e psicoterapeuta
È la sottile e raffinata capacità di condurre a sé, di attrarre tutto ciò che ci dà emozioni, che ci distoglie dalla noia, dalla routine della quotidianità ed ha sempre una connotazione positiva, perché è il “motore” della vita. È tutto ciò che è “eros”, è passione, amore, gioia e dolore, è turbamento impetuoso, è rabbia, tristezza, sorpresa.
Eros, divinità greca dell’amore è forza vitale ed indica le varie forme di manifestazione del desiderio che attrae verso qualcuno o qualcosa.
L’erotismo in sé è libero da qualsiasi impulso sessuale, ma è legato alla fantasia, all’immaginazione, alla creatività, come essere attratti da qualsiasi forma della bellezza, percepita da ognuno di noi, come tale, nel rispetto delle differenze.
E ancora dall’arte, dalla letteratura,dalla musica,dalla pittura, dalla scultura, dalla bellezza della natura…
È “ animus e anima”.
La seduzione, come purtroppo ancora molti percepiscono, non significa indurre l’altro o l’altra ad attrarre sessualmente a sé, poiché dall’etimologia della parola “seducere” si può intendere sì, anche l’atto sessuale, come il soddisfacimento immediato delle pulsioni, senza continuità temporale, ma purché avvenga nel rispetto delle differenze di genere che ci contraddistingue.
È pur vero che, l’atto sessuale, può essere vissuto come l’apice di una passione, il completamento armonico, il fondersi nell’altro che si manifesta dall’atteggiamento dei corpi, degli sguardi che si contemplano a vicenda, con dolcezza e intensità.
Appartiene alla sfera di tutti i sensi, odori, profumi, immagini, colori, sensazioni.
E non c’è età per questo tipo di seduzione!
Che sia solo una prerogativa al femminile?
La donna intuisce la necessità di una trasformazione profonda degli schemi esistenti della relazione, nel rispetto delle proprie diversità psicobiologiche e della propria libertà e agisce di conseguenza,proponendo nuovi modelli, spesso scontrandosi con una realtà maschile a sua volta coinvolta in un processo di cambiamento.
La seduzione quindi, non è un’azione diretta ad attrarre a sé in modo diabolico, a distogliere dal bene, anche se molti danno a questa parola tale significato e si comportano di conseguenza.
Il “sesso”, può soddisfare bisogni primari, fisiologici oltre che favorire la continuazione della specie.
Ma è pur vero che, anche gli animali hanno gli stessi bisogni, ma si “scelgono” attraverso segnali ben precisi che essi riconoscono con il loro istinto, e che la natura stessa ha inscritto nella loro struttura genetica, come in qualsiasi altra specie.
Non violentano, non uccidono, non abusano né fisicamente né psicologicamente, ma rispettano! Sono esseri senzienti loro.
E noi?
È “eros” anche svegliarsi all’alba e sentire la forza della vita che raggiunge ogni infinitesima parte del tuo corpo e della tua mente. Sentire i primi raggi del sole che si dirigono verso di te come scie luminose dandoti luce, calore, conforto, nuova vitalità.
È la contemplazione del tramonto, a chiusura del giorno, momentanea e apparente sospensione della vita che ci permette di sognare, di recuperare e compensare le insoddisfazioni.
È il pianto, come manifestazione di quel groviglio di emozioni sottese che cerchi di trattenere, con la speranza che ti riportino alla tua unica dimensione, alla tua unica verità, alle tue origini.
Ma perché non riusciamo a percepire che è questa la felicità, che è solo questo semplice aspetto della vita che disperatamente ricerchiamo?
E ancora, è la quiete dopo la tempesta, ma è anche attesa della tempesta che è energia, tensione, creatività fantasiosa, passione, ricerca dell’eros.
E seduciamo e veniamo sedotti attraverso questa invisibile e magnetica forza che si chiama…“seduzione”.