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Milano, via Morimondo 5 (20143), negli spazi condivisi con l’Associazione REF (Ricerca, Educazione e Formazione per la qualità della vita dell’ammalato)

di Silvana Cagiada*. Il Covid-19 e le criticità del nostro Sistema sanitario. Note e riflessioni in vista del Festival di Bioetica (27-28 agosto, Santa Margherita Ligure) 

Di “covid” si è già parlato molto e ancora oggi non conosciamo granché di questo virus.
Si è detto di tutto e il contrario di tutto e la scienza ha dimostrato di essere inadeguata rispetto a qualcosa di inaspettato, non previsto, che ha colpito l’intera umanità. Ma anche di questo si è già parlato molto.
Non voglio pertanto soffermarmi su tematiche, ampiamente discusse, che riguardano il non rispetto del nostro pianeta, l’inquinamento, la limitatezza della scienza.
Vorrei porre invece l’attenzione sul nostro Sistema Sanitario, evidenziandone alcune criticità.
Il nostro Sistema Sanitario presenta aspetti positivi e negativi, ma sono questi ultimi che ci fanno riflettere sulla tragedia che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo, seppur come minaccia incombente.
La separazione, anche amministrativa, tra i servizi sanitari territoriali e le strutture ospedaliere, di necessità, definisce la rottura di un equilibrio nel “rapporto terapeutico”, facendo emergere l’inadeguatezza strutturale ed organizzativa dei primi nel far fronte alle esigenze di pazienti non ospedalizzati a favore di una medicina di prossimità, vale a dire del territorio, vicina alla persona, alle famiglie.
L’attuale medicina territoriale, quindi, è frammentata.
La presenza consistente di un “privato convenzionato”, seppur con un importante investimento su alcuni “poli sanitari ospedalieri d’eccellenza”, a discapito della rete ospedaliera pubblica, inevitabilmente permette sempre meno di parlare di prevenzione, perché, di fatto, si affrontano soprattutto soltanto le più gravi patologie.
Un’integrazione socio-sanitaria, mai pienamente realizzata, avrebbe dovuto riorganizzare l’intero sistema sanitario con i seguenti obiettivi:
- Una medicina di base che garantisse ai cittadini una costante assistenza dal punto di vista socio-sanitario e in cui la “persona” potesse esprimere i propri bisogni in base al proprio background culturale, sociale e di appartenenza, nel rispetto delle diversità.
- Cura della cronicità, limitando il ricovero negli ospedali, se non in caso di acuzie.
- Interventi di telemedicina, potenziati per garantire una maggiore e più completa assistenza a tutti, grazie alla dotazione della strumentazione idonea a favorire questo, ormai indispensabile, strumento tecnologico, peraltro a costi sostenibili. Tale strumento, non può rimanere solo un “concetto”, ma deve essere accettato e utilizzato come “mezzo per fare terapia a distanza”, salvare ed assistere ammalati, spesso abbandonati a se stessi, in situazioni di emergenza, senza nulla togliere al rapporto diretto medico-paziente che può essere comunque presente in un rapporto a distanza, seppur in modo diverso.
- Supportare le persone fragili nell’ambito delle disabilità e della salute mentale, con interventi domiciliari diversificati a supporto delle famiglie. Rientrano tra queste aree anche la cronicità e la riabilitazione .
Il problema riguarda la sanità non solo italiana, ma “di tutto il mondo”, e si può affrontare ripensando e rivalutando una “ Assistenza Sanitaria Integrata”.
Una Nuova Sanità significa “connettersi con la nostra storia” e col “prendersi cura” dell’altro, ripristinando una ”neppur troppo vecchia Sanità”, quando il medico andava a casa del malato, parlava , istruiva e sosteneva la famiglia che doveva, a sua volta, prendersi cura del malato.
Questo particolare momento storico, ci ha riportato a ripensare al diritto alla salute, che è un diritto di ogni uomo e di ogni essere vivente.
.. prendersi cura di chi ne ha bisogno…per poi noi stessi essere presi in cura…
“Fare di neccessità virtù” ( S.Girolamo 340-420 d.c.) con una buona predisposizione d’animo verso le difficoltà che ogni relazione di aiuto comporta.
Ed ecco un altro esempio di contraddizione all’interno di un contesto in cui i sanitari, inizialmente definiti emozionalmente “eroi”, ora vengono di nuovo aggrediti, dimenticando ciò che hanno fatto durante l’emergenza e che, anche in condizione di normalità, continuano a fare, con il sacrificio che questa professione comporta.
Forse ora potremmo essere tutti convinti che si debbano mettere in atto dei cambiamenti sostanziali, a livello culturale più profondo, di coscienza, ad evitare che tutto torni come prima e che il potere economico prevalga, come spesso accade, a discapito della salute.
Ma chi ascolta e rileva i reali bisogni delle persone fragili, sofferenti?
I bisogni non sono sempre gli stessi, mutano, e il cambiamento è continuo.
E’ necessario ascoltare i bisogni della gente attraverso un “ponte” che colleghi il territorio alla struttura sanitaria. “
Operatori ponte” che possono essere sanitari o socio-sanitari, educatori o assistenti sociali, in grado di cogliere empaticamente le necessità di ordine sanitario o sociale, con una visione bio-psico-sociale dell’uomo.
Un’équipe multiprofessionale, non un unico professionista, per una concezione multidimensionale della salute.
La persona deve essere collocata al centro di un sistema che tenga in considerazione le molte variabili che lo compongono e che lo condizionano, secondo il modello biopsicosociale.
E’ necessario quindi partire dall’”assessment” dei bisogni, con verifiche “in itinere”, in cui la malattia non può essere intesa solo in senso organico, ma anche considerando gli aspetti psicologici, sociali, familiari e lavorativi senza dimenticare la vita spirituale intesa come “valore” di ogni singolo individuo.
E’ l’insieme di queste variabili, che interagiscono e possono influenzare il decorso stesso della malattia, che concorrono a favorire la guarigione.

Silvana Cagiada, Psicologa clinica, psicoterapeuta
Istituto italiano di Bioetica- Sezione Lombardia
Note e riflessioni in vista del Festival di Bioetica (27-28 agosto, Santa Margherita Ligure)

Articolo pubblicato anche in noidonne.org

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