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Il focus del Festival di Bioetica (Santa Margherita Ligure, 26/27 agosto 2024), giunto alla ottava edizione, si concentra sul tema INTELLIGENZE osservato da vari punti di vista e nell'impatto che l'IA ha giù avuto, e avrà, a seconda dei settori in cui è, o sarà, applicata.
Interpelliamo Fiorella Lo Schiavo, dell'Università di Padova, che interverrà al Festival nel panel dedicato al dibattito sull'intelligenza delle piante.

Intelligenza delle piante: cosa si intende in un contesto scientifico?
Se per intelligenza intendiamo la capacità di un individuo di affrontare, risolvere i problemi e adattarsi a un ambiente mutevole, senza dubbio le piante sono intelligenti come lo sono tutti gli organismi viventi.
La capacità di adattamento è la caratteristica insita nella definizione di vivente, infatti, un individuo che non si adatta al cambiamento perisce. In questa definizione quindi ben si inseriscono le piante che sono conosciute come organismi capaci di rispondere agli stimoli esterni, di adattarsi e colonizzare tanti ambienti diversi, dai deserti agli oceani, con capacità straordinarie.
Dobbiamo però sottolineare che le piante e gli animali hanno seguito un percorso evolutivo diverso e hanno affrontato, con modalità differenti, come essere organismi multicellulari. Infatti, le piante sono organismi sessili, ancorati al suolo, mentre gli animali sono dotati di capacità di movimento grazie alla presenza di un sistema motorio composto di muscoli e di neuroni che svolgono una funzione di controllo.
Ciò detto dobbiamo dire che esistono altre definizioni di intelligenza che vanno oltre la capacità di risolvere problemi. Infatti, l'intelligenza è associata anche a un complesso di facoltà psichiche mentali, che permettono di elaborare modelli astratti della realtà, fare previsioni, esprimere giudizi, avere consapevolezza di sé e apprendere. Inoltre, l’intelligenza (nell’uomo come negli animali) ha anche una importante componente emotiva, basata sulla capacità di mettersi in relazione con gli altri, attuando comportamenti altruistici o cooperativi.
In base a queste definizioni, al momento l'attività cognitiva e di apprendimento delle piante non è sperimentalmente dimostrata. Infatti, le molteplici e differenziate risposte delle piante all'ambiente possono essere spiegate attraverso una serie di eventi genetico-molecolari-fisiologici che permettono di chiarire la risposta della pianta.
L'approccio scientifico sperimentale permette ai ricercatori di spiegare molti dei processi che le piante realizzano nelle loro risposte all'ambiente senza la necessità di coinvolgere meccanismi cognitivi, di intenzionalità o di apprendimento. Intelligenza delle piante: un dibattito che vede contrapposti divulgatori e ricercatori?
Ciò che si può osservare è che l’informazione sui social e sulla letteratura scientifica è in contrapposizione.
Google indica decine di titoli di libri sull'argomento, che spaziano dalla vita segreta delle piante, alla loro sensibilità, alla loro capacità di avere intenzionalità e memoria, identificando anche una nuova disciplina, la neurobiologia delle piante. Alcuni di questi libri introducono elementi estremi: le piante non solo apprendono, ma anche "parlano" all'essere umano facendo rivivere elementi di un vitalismo/animismo arcaico.
Un'analisi su “plant intelligence” condotta invece su un motore di ricerca scientifico porta a risultati molto limitati: lavori sull'intelligenza delle piante pubblicati su riviste scientifiche con un buon valore di impatto sono pochi. E, per lo più, sono lavori di ipotesi teoriche, con pochi dati sperimentali.
Sicuramente in questi ultimi anni stiamo assistendo al riemergere di una visione antropomorfica nel campo della biologia. Non è un’assoluta novità. Una visione Romantica della biologia era apparsa nel diciotto-diciannovesimo secolo in opposizione alla visione deterministica dell’universo di Cartesio e Newton, dettata esclusivamente dalle leggi della fisica. Questa visione “romantica” sosteneva che la natura, la mente e lo spirito costituissero un’unica entità.
Oggi vediamo riemergere in biologia questo approccio antropomorfico che, in casi estremi, porta ad affermare che tutte le forme di vita, anche gli organismi più semplici come i procarioti, possiedano una coscienza. Questo ritorno a una visione Romantica della biologia sembra derivare da una giustificata preoccupazione del continuo degrado ecologico della terra con perdita di biodiversità, dallo sfruttamento eccessivo delle risorse del nostro pianeta e come conseguenza dei cambiamenti climatici.
In questo contesto si inserisce anche l’ipotesi di studio di una neurobiologia delle piante che viene proposta in questi ultimi anni. I sostenitori affermano la presenza nelle piante di strutture equivalenti alle sinapsi animali, suggerendo una similarità con i neuroni e con il rilascio di neuro trasmettitori attraverso vescicole sinaptiche. Viene inoltre usato il termine “intelligenza” nel comportamento delle piante, per giungere, infine, a adottare il termine “cognizione” collegato all’intelligenza e alla capacità di apprendimento.
Ma, ribadisco, non ci sono basi sperimentali per attribuire alle piante strutture con funzioni di sinapsi neuronali, né sono presenti strutture complesse che definiscono un “cervello” con le sue proprietà.
Di questo tratterà in dettaglio Armando Carpaneto.
Intervista a cura di Tiziana Bartolini

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