COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA
LE MEDICINE ALTERNATIVE E IL PROBLEMA DEL CONSENSO INFORMATO
1. In questo testo si adotta –senza pretendere che sia in assoluto la più corretta- la dizione medicine alternative, per designare quelle pratiche diagnostico-terapeutiche, poste in essere da medici, che si basano su concetti, teorie e principi attualmente irriducibili alle conoscenze scientifiche consolidate nella e dalla tradizione epistemologica occidentale e le cui pretese di efficacia e di sicurezza, pur ampiamente rivendicate e da molti in diverso modo argomentate, non sono sostenute a parere della maggioranza dei membri del CNB (o comunque non sono sostenute in modo soddisfacente) da prove effettuate con metodologie rigorose e sperimentalmente attendibili. Scegliendo la dizione medicine alternative il CNB è peraltro ben consapevole che ne esistono altre, che pur potrebbero utilmente essere usate, come ad es. medicine complementari, parallele, dolci, naturali, olistiche, integrate, verdi, non convenzionali, non scientifiche, “altre”, ecc., dizioni tutte, in un modo o nell'altro, espressive di aspetti significativi di un diverso modo di pensare la medicina. Anche l’aggettivazione cui si usa comunemente ricorrere per qualificare (a volte antagonisticamente) la medicina da cui la medicina alternativa si vuole differenziare e distanziare può essere molto diversificata: si parla di medicina scientifica, ufficiale, convenzionale, accademica, ortodossa; ma per alcuni sarebbe opportuno abbandonare ogni aggettivazione e limitarsi a parlare tout court di medicina. In questo testo verrà utilizzata, come già ha fatto il Comitato in altre occasioni e comunque per le ragioni che sotto saranno indicate, l’espressione medicina scientifica.
2. Con l’espressione medicine alternative il CNB si riferisce in questo documento esclusivamente a pratiche la cui efficacia non è accertabile con i criteri adottati dalla medicina scientifica, quali la pranoterapia, la medicina ayur-vedica, la medicina antroposofica, l’omotossicologia, l’omeopatia, la medicina tradizionale cinese e quella tibetana, la cromoterapia, i fiori di Bach, il Rei-ki, l’iridologia, ecc. Il CNB ritiene invece opportuno denominare non alternative, bensì empiriche altre pratiche terapeutiche, come l’agopuntura reflessologica, la fitoterapia o la medicina manuale, che appaiono in casi determinati benefiche per i pazienti e che non sono sostanzialmente lontane da altre forme di terapia fisica (fangoterapia, crenoterapia, radarterapia, diatermia, massoterapia, ecc.). Le considerazioni svolte in questo testo non fanno riferimento alle medicine empiriche, sulle quali il CNB si riserva di intervenire in altra occasione, e intendono, più in generale, essere una ripresa e un approfondimento delle tematiche sviluppate in particolare nel § 4 del documento Scopi, limiti e rischi della medicina, approvato dal CNB il 14 dicembre 2001.
3. Il CNB è consapevole che l’imponente e crescente diffusione nel mondo occidentale del ricorso alle medicine alternative (fenomeno sociale che non può essere in quanto tale oggetto di studio da parte del CNB) dipende anche (e per alcuni soltanto) dal fatto che molti pazienti trovano soggettivamente beneficio da tali indicazioni terapeutiche: queste esperienze meritano comunque attenzione e rispetto. Il diritto all’autonomia ed alla libertà di cura è infatti un diritto primario di tutti i cittadini, esercitato non solo da parte di coloro che abitualmente o occasionalmente, ma comunque consapevolmente, individuano come medico curante un cultore di medicine alternative, ma anche da parte di tutti i pazienti che con pari consapevolezza decidono di disattendere le prescrizioni della medicina scientifica.
4. Il CNB rileva comunque che il primario diritto del paziente all’autonomia e alla libertà di cura, sia che s’indirizzi verso la medicina scientifica, sia che si concretizzi nel ricorso a trattamenti alternativi, non può mai sostanziarsi in pretese incompatibili con la dignità e i diritti della persona assistita e con il rispetto dovuto alla posizione professionale del medico: costui, nelle società complesse, è eticamente, deontologicamente e giuridicamente garante della salute, oltre che della propria professionalità, e non può essere vincolato alla mera e passiva esecuzione della volontà del paziente.
5. A fronte del beneficio riscontrato soggettivamente dai molti pazienti che ricorrono alle medicine alternative, si rilevano significativi e preoccupanti casi in cui il loro uso deve essere qualificato come obiettivamente e specificamente nocivo. Inoltre, ben può darsi il caso che un paziente venga concretamente leso dal ricorso a tali pratiche, per il fatto che l’uso di diagnostiche e di terapie alternative può ritardare inutilmente e a volte purtroppo irrimediabilmente il ricorso a più rigorose ed efficaci diagnosi e terapie di carattere scientifico. I membri del CNB insistono nel sottolineare questa evenienza, nella quale ravvisano uno dei più gravi problemi di eticità con cui devono confrontarsi i fautori e i cultori di tali pratiche.
6. Le Istituzioni pubbliche nazionali e regionali, le Università, gli Ordini dei medici e i Collegi delle professioni sanitarie ed anche le Società medico-scientifiche accreditate hanno, anche sotto il profilo bioetico, il dovere di informare i cittadini non solo sulla pericolosità di ogni automedicazione e di ogni ricorso ad esercenti abusivi della medicina, ma anche sulla validità, sui limiti e sui rischi che porta inevitabilmente con sé qualsiasi pratica –“scientifica” o “alternativa”- che si prefigga finalità diagnostiche e terapeutiche. In particolare, il CNB richiama il ruolo essenziale della sanità pubblica (stabilito e regolato da direttive europee e nazionali) in ordine alla sperimentazione dei farmaci e alla farmacovigilanza. Il ritiro non infrequente dal commercio di farmaci inizialmente ritenuti benefici, ma in seguito risultati rischiosi o sicuramente dannosi, o inefficaci, rappresenta un esempio tipico dell’esercizio degli obblighi pubblici che incombono sull’Autorità sanitaria. La stessa suddivisione ufficiale dei farmaci in classi, ai fini della loro rimborsabilità, indica -attraverso la distinzione tra farmaci indispensabili ed altri ritenuti meno essenziali- come anche in quest’ambito la medicina scientifica riplasmi continuamente le proprie nozioni e le regole di condotta che ne derivano.
7. A parere del CNB è bioeticamente e deontologicamente doveroso che nessuna pratica medico-terapeutica si sottragga all’obbligo di una sperimentazione sistematica, attuata secondo protocolli rigorosi, metodologicamente corretti e vincolanti, in nome del diritto costituzionale alla salute. E’ inoltre da esigere che ogni sperimentazione vada sottoposta a controlli pubblici, attuati per opera di esperti, terzi e indipendenti. Tale dovere incombe, a giudizio del CNB, su ogni pratica medica, quindi anche su quelle riconducibili alle medicine alternative. E’ essenziale che si richieda ai rimedi utilizzati dalle medicine alternative la medesima rispondenza agli standard di efficacia richiesta ai farmaci della medicina scientifica, non essendo accettabile l’istituzionalizzazione di un doppio standard per il mercato farmaceutico.
8. E’ peraltro da rilevare come alcune medicine alternative non accettino di essere sottoposte ai protocolli di verifica sperimentali comunemente adottati dalla medicina scientifica e rivendichino spesso peculiarità che dovrebbero esentarle o che renderebbero non praticabili tali controlli a loro carico. Su questo punto il dibattito epistemologico è particolarmente vivace e certamente non appare destinato a soluzioni rapide e condivise. Il CNB non ritiene di propria competenza prendere posizione su questioni puramente epistemologiche e metodologiche, ma non può non dare il giusto peso alle preoccupate prese di posizione in materia di numerose Società Scientifiche e Facoltà mediche e avverte comunque il disagio che tali controverse questioni suscitano in chi sia chiamato ad elaborare valutazioni bioetiche. Molti membri del CNB sono del parere che poiché la fragilità epistemologica (almeno di gran parte) delle medicine alternative appare a loro avviso attualmente dimostrata, essa debba comportare a carico dei medici che ad esse fanno ricorso, responsabilità particolari ed ulteriori, rispetto a quelle che normalmente vanno attribuite ai medici che applicano esclusivamente le metodiche, le Linee-Guida e i protocolli propri della medicina scientifica.
9. All’opinione pubblica deve essere necessariamente e prioritariamente data l’informazione fondamentale che la medicina che si pratica in modo prevalente nel mondo è la moderna medicina scientifica. Bisogna riconoscere (senza peraltro indulgere a trionfalismi, dato che numerosi sono gli errori e a volte le tragedie attivate da pratiche della medicina scientifica) che la diffusione su scala mondiale di questa medicina, assieme all’ulteriore fondamentale fattore delle mutate condizioni di igiene, di alimentazione e in genere di vita di molte popolazioni, ha consentito l’aumento della vita media, la corretta diagnosi, la cura ottimale e spesso la guarigione di un gran numero di malattie (tra cui in particolare quelle epidemiche e infettive). Ed è sullo sviluppo di tale medicina che si basano le speranze di trattamenti risolutivi di patologie oggi infauste, come molte malattie oncologiche, l’AIDS o il morbo di Alzheimer. La medicina scientifica è quella che, a partire dall’adozione del metodo sperimentale, si basa sull’insieme di quelle conoscenze relative alla struttura e alle funzioni del corpo umano che possono essere elaborate grazie all’interazione e all’integrazione di diverse discipline metodologicamente fondate, quali ad esempio la fisica, la chimica, la biologia e in particolare la biologia molecolare, la genetica, la fisiologia, l’anatomia, la patologia generale, la psicologia. Questa medicina, che giorno per giorno aumenta le proprie conoscenze grazie alle ricerche di innumerevoli studiosi, merita altresì di essere definita scientifica, perché è capace, grazie a un dibattito pubblico che esclude di principio ogni settarismo ed ogni esoterismo, di autocorreggersi e di modificare i propri concetti e le proprie prassi con grande flessibilità, in base all’esperienza degli errori compiuti e all’elaborazione di sempre nuovi paradigmi.
10.Come è doveroso, ad avviso del CNB, che i cittadini siano informati sullo statuto, sui progressi, sui successi e sui fallimenti della medicina scientifica, è altrettanto doveroso informarli che le medicine alternative –indipendentemente dai successi affermati dai loro cultori e che il CNB non intende nel contesto di questo documento revocare in dubbio- non possiedono uno statuto epistemologico caratterizzato da un analogo rigore. Molte di esse si configurano come elaborazioni filosofiche e/o spirituali a volte anche molto suggestive, ma irriducibili ad ogni controllo empirico. Alcune giustificano la loro efficacia non col riferimento a un corpus dottrinale pubblico, che possa essere insegnato, appreso e quindi trasmesso, ma a facoltà o a poteri congeniti, privati, ipotizzati come presenti nel terapeuta e di cui lo stesso terapeuta non è in grado di indicare la causa o la fonte obiettiva. Altre, come molte forme di medicina popolare, etnica o tradizionale, non hanno conosciuto alcun evidente progresso documentabile nella storia, come risulta evidente dal fatto che appaiono cristallizzate nei loro concetti e nelle loro prassi ataviche centenarie o addirittura millenarie (come ad es. la medicina ayur-vedica o quella tibetana). Altre ancora si impegnano nel ricercare conferme facendo riferimento a comuni nozioni delle scienze fisico-chimiche, senza riuscire mai però a stabilire alcun collegamento reale delle loro pratiche e delle loro pretese con quelle proprie delle scienze dotate di statuti metodologicamente consolidati. E non va sottaciuto come molte medicine alternative non solo assumano atteggiamenti antagonistici, a volte anche molto aspri e ingenerosi, rispetto alla medicina scientifica, ma siano reciprocamente irriducibili, basandosi su principi radicalmente alternativi tra loro e come sia quindi logicamente impossibile difenderle e giustificarle contemporaneamente per la contradizione che nol consente.
11. Quanto detto non comporta, come già si è osservato, che in un significativo numero di casi, grazie al ricorso alle medicine alternative, non si ottenga per molti pazienti il lenimento di loro disturbi (solo però –si osserva da più parti- quando questi sono di lieve rilevanza). E’ anche ben noto che i fautori di alcune medicine alternative insistono nel sottolineare come il loro massimo contributo consista nel trattamento sintomatico di casi cronici, difficili da trattare con i metodi scientifici. Molto più controverso è invece l’accertamento della reale efficacia delle medicine alternative quando siano attive nei pazienti patologie particolarmente severe o a rapido decorso e per le quali non si possono ipotizzare cause o concause psico-somatiche. Ad avviso di alcuni membri del CNB, l’efficacia delle medicine alternative, quando viene rilevata, troverebbe una spiegazione nel ben noto effetto placebo, nonché al maggiore impegno che in genere (e lodevolmente) i cultori di queste pratiche dedicano alla cura e al conforto di ogni singolo loro paziente. E’ infatti noto che alcuni cultori della medicina scientifica trascurano le esigenze psicologiche della persona malata, nella ricerca della corretta diagnosi e terapia della malattia, mentre in genere i cultori delle medicine alternative più frequentemente attivano nei confronti dei malati una prossimità che talora è assente nelle pratiche della medicina scientifica.
12.E’ opinione unanime del CNB che sia bioeticamente doveroso che tutti questi aspetti delle medicine alternative –nelle loro dimensioni positive, come in quelle negative- siano resi noti a tutti cittadini e in particolare ai pazienti. E’ doveroso altresì che questi aspetti siano ben conosciuti anche dai medici: essi devono essere sempre in grado di fornire una leale ed onesta informazione sull’efficacia e sui limiti delle prestazioni fornite da qualsiasi prassi medica e quindi anche da quelle non scientificamente o non ancora scientificamente fondate.
13.Al dovere del medico di fornire al paziente tutte le informazioni indispensabili perché egli possa assumere in piena autonomia le proprie decisioni si affianca, come è noto, l’onere del paziente di fornire al medico tutte le informazioni possibili in suo possesso per garantire una corretta diagnosi e un’adeguata indicazione terapeutica. Nel campo delle medicine alternative questo dovere del paziente assume un rilievo cruciale in relazione alle possibili interazioni tra le sostanze prescritte secondo i paradigmi delle medicine alternative e quelle prescritte in base ai protocolli della medicina scientifica: tali interazioni possono impedire ai medici di effettuare una diagnosi corretta e di indicare la terapia ottimale per il paziente. Spesso il paziente è portato a sottovalutare il dovere di fornire queste informazioni, sia perché ignora i possibili effetti dei prodotti farmaceutici (che a volte assume autonomamente, senza il controllo medico), sia per una indebita, ma a volte insuperabile forma di “pudore” nel riferire al medico che lo ha in cura la propria (a volte occasionale) adesione a un modello di medicina che egli sa da lui non condiviso. Da indagini attendibili risulta che in particolare i pazienti che fanno uso di antidepressivi regolarmente prescritti spesso, agendo di propria iniziativa, aggiungono coadiuvanti alternativi, ignorando che i prodotti naturali contro ansia e depressione possono avere effetti pericolosi se assunti contestualmente ad altri farmaci. Il CNB, nella consapevolezza della dimensione di questo problema, insiste sull’importanza di far comprendere all’opinione pubblica la necessità di fondare il rapporto medico-paziente su una reciproca e leale informazione quale elemento imprescindibile per la realizzazione di una vera “alleanza terapeutica”.
14. E’ da ritenere scontato che il dovere di ogni clinico sia quello di comportarsi, di fronte al proprio paziente, secondo scienza e coscienza. Questo antico motto lega insieme due entità diverse – la scienza e la coscienza – in un unicum professionale e vincola il medico –in quanto titolare di un titolo di studio pubblico e di una abilitazione pubblica all’esercizio della medicina- a seguire nel trattamento del paziente non le proprie intuizioni soggettive e private, anche se suggestive, ma ciò che è dettato dalle conoscenze scientifiche pubblicamente convalidate in ogni singolo momento storico. Il CNB riconosce come spetti ad ogni singolo medico la c.d. libertà di cura (in cui anzi è da vedere uno dei fattori del progresso della medicina); ma tale libertà deve necessariamente esercitarsi nella prospettiva fondamentale della tutela della salute del malato e quindi prevedere in primis la proposta al paziente dell’applicazione di rimedi di comprovata efficacia. Solo quando questi mancassero del tutto o si rivelassero nel caso concreto inefficaci (o comunque a minima probabilità statistica di efficacia) o comportassero contro-indicazioni vistose, o venissero comunque rifiutati espressamente dal paziente adeguatamente informato, potrebbe apparire lecito, col necessario consenso di questo, il passaggio verso altre terapie, purché però mai frutto di scelte soggettive e/o arbitrarie del terapeuta: è principio bioetico essenziale quello per il quale la libertà di cura debba sempre coniugarsi con la posizione di garanzia che l’ordinamento assegna al medico rispetto al paziente assistito.
15.E’ comunque indubbio, a parere del CNB, che in alcune circostanze (in particolare nel caso di forme morbose non gravi o di pazienti ipocondriaci o in fase di terapia palliativa) appaia giustificato ricorrere alla somministrazione di sostanze o all’esecuzione di pratiche scientificamente non convalidate, a condizione che il paziente, competente e informato, lo richieda espressamente. Il CNB unanime ribadisce però che nel caso di situazioni morbose sicuramente gravi, per le quali esistono rimedi conosciuti ed efficaci, non appare in alcun caso lecito, né giuridicamente, né deontologicamente, né bioeticamente che il medico non effettui gli accertamenti esigiti dalla medicina scientifica e non ponga in essere ogni sforzo per chiarire al paziente le conseguenze di un suo eventuale rifiuto di quelle cure che tale medicina giudica utili o addirittura indispensabili. Il CNB è quindi unanime nel ritenere che in tali casi le pratiche mediche non fondate scientificamente non possano sostituire quelle della medicina scientifica.
16.Il CNB è dell’opinione che, se un paziente, adeguatamente informato, intende espressamente rinunciare alle terapie della medicina scientifica e ritiene piuttosto di avvalersi delle indicazioni terapeutiche di una medicina alternativa prescrittagli da un medico, i costi delle preparazioni e delle prestazioni fornite non debbano essere posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
17. Particolare attenzione i medici dovrebbero riservare all’uso delle medicine alternative qualora i pazienti siano minori o incapaci, anche nel caso in cui esse vengano richieste da parte dei loro genitori o tutori. Se si escludono le patologie di minimo rilievo, che potrebbero anche suggerire l’ipotesi di non procedere a trattamenti terapeutici, nell’attesa di una più che probabile guarigione spontanea da parte del malato, i medici devono prescrivere sempre il ricorso a terapie scientificamente convalidate.
18.E’ auspicabile che le Università e più in generale tutti gli enti di ricerca nella loro autonomia sviluppino programmi di ricerca sulle medicine alternative, sulla loro storia, sulla loro diffusione, sulla loro plausibilità epistemologica, sui risvolti sociologici del loro impiego e su qualsiasi altro loro aspetto che sia rilevante ai fini della diffusione e dell’incremento del sapere. L’insegnamento o gli insegnamenti che abbiano per oggetto tali aspetti della medicina devono essere mirati a far conoscere agli studenti una problematica di grande rilievo nell’ambito della sanità contemporanea, ma non a veicolare in essi l’idea, epistemologicamente non giustificabile e non coerente col prestigioso valore legale dell’unitario titolo di studio rilasciato dall’Università, che il pluralismo nella scienza equivalga a un pluralismo delle scienze. Né è accettabile che l’insegnamento di tali aspetti della medicina possa avere una valenza professionalizzante particolare, spendibile sul mercato diversamente da quella di cui ordinariamente gode ogni medico.
19.E’ infine essenziale che l’insegnamento relativo alle medicine alternative venga affidato a studiosi individuati secondo le ordinarie modalità di reclutamento dei docenti universitari, senza concedere poteri decisionali (che acquisterebbero il carattere di indebiti privilegi) alle associazioni di riferimento delle medicine alternative (e questo in piena analogia con quanto avviene per le società medico-scientifiche, che, per quanto grande possa essere il loro prestigio, non hanno e non devono avere il potere di individuare formalmente i docenti universitari delle loro discipline di riferimento). Ogni medico (e non un medico ad hoc) deve ottenere negli anni della sua formazione una conoscenza adeguata delle ragioni che militano a favore e di quelle che militano contro le pretese delle medicine alternative. Il CNB su questo punto conferma l’avviso a suo tempo manifestato con la Mozione su medicine e pratiche non convenzionali, approvata il 23 aprile 2004.
2. Con l’espressione medicine alternative il CNB si riferisce in questo documento esclusivamente a pratiche la cui efficacia non è accertabile con i criteri adottati dalla medicina scientifica, quali la pranoterapia, la medicina ayur-vedica, la medicina antroposofica, l’omotossicologia, l’omeopatia, la medicina tradizionale cinese e quella tibetana, la cromoterapia, i fiori di Bach, il Rei-ki, l’iridologia, ecc. Il CNB ritiene invece opportuno denominare non alternative, bensì empiriche altre pratiche terapeutiche, come l’agopuntura reflessologica, la fitoterapia o la medicina manuale, che appaiono in casi determinati benefiche per i pazienti e che non sono sostanzialmente lontane da altre forme di terapia fisica (fangoterapia, crenoterapia, radarterapia, diatermia, massoterapia, ecc.). Le considerazioni svolte in questo testo non fanno riferimento alle medicine empiriche, sulle quali il CNB si riserva di intervenire in altra occasione, e intendono, più in generale, essere una ripresa e un approfondimento delle tematiche sviluppate in particolare nel § 4 del documento Scopi, limiti e rischi della medicina, approvato dal CNB il 14 dicembre 2001.
3. Il CNB è consapevole che l’imponente e crescente diffusione nel mondo occidentale del ricorso alle medicine alternative (fenomeno sociale che non può essere in quanto tale oggetto di studio da parte del CNB) dipende anche (e per alcuni soltanto) dal fatto che molti pazienti trovano soggettivamente beneficio da tali indicazioni terapeutiche: queste esperienze meritano comunque attenzione e rispetto. Il diritto all’autonomia ed alla libertà di cura è infatti un diritto primario di tutti i cittadini, esercitato non solo da parte di coloro che abitualmente o occasionalmente, ma comunque consapevolmente, individuano come medico curante un cultore di medicine alternative, ma anche da parte di tutti i pazienti che con pari consapevolezza decidono di disattendere le prescrizioni della medicina scientifica.
4. Il CNB rileva comunque che il primario diritto del paziente all’autonomia e alla libertà di cura, sia che s’indirizzi verso la medicina scientifica, sia che si concretizzi nel ricorso a trattamenti alternativi, non può mai sostanziarsi in pretese incompatibili con la dignità e i diritti della persona assistita e con il rispetto dovuto alla posizione professionale del medico: costui, nelle società complesse, è eticamente, deontologicamente e giuridicamente garante della salute, oltre che della propria professionalità, e non può essere vincolato alla mera e passiva esecuzione della volontà del paziente.
5. A fronte del beneficio riscontrato soggettivamente dai molti pazienti che ricorrono alle medicine alternative, si rilevano significativi e preoccupanti casi in cui il loro uso deve essere qualificato come obiettivamente e specificamente nocivo. Inoltre, ben può darsi il caso che un paziente venga concretamente leso dal ricorso a tali pratiche, per il fatto che l’uso di diagnostiche e di terapie alternative può ritardare inutilmente e a volte purtroppo irrimediabilmente il ricorso a più rigorose ed efficaci diagnosi e terapie di carattere scientifico. I membri del CNB insistono nel sottolineare questa evenienza, nella quale ravvisano uno dei più gravi problemi di eticità con cui devono confrontarsi i fautori e i cultori di tali pratiche.
6. Le Istituzioni pubbliche nazionali e regionali, le Università, gli Ordini dei medici e i Collegi delle professioni sanitarie ed anche le Società medico-scientifiche accreditate hanno, anche sotto il profilo bioetico, il dovere di informare i cittadini non solo sulla pericolosità di ogni automedicazione e di ogni ricorso ad esercenti abusivi della medicina, ma anche sulla validità, sui limiti e sui rischi che porta inevitabilmente con sé qualsiasi pratica –“scientifica” o “alternativa”- che si prefigga finalità diagnostiche e terapeutiche. In particolare, il CNB richiama il ruolo essenziale della sanità pubblica (stabilito e regolato da direttive europee e nazionali) in ordine alla sperimentazione dei farmaci e alla farmacovigilanza. Il ritiro non infrequente dal commercio di farmaci inizialmente ritenuti benefici, ma in seguito risultati rischiosi o sicuramente dannosi, o inefficaci, rappresenta un esempio tipico dell’esercizio degli obblighi pubblici che incombono sull’Autorità sanitaria. La stessa suddivisione ufficiale dei farmaci in classi, ai fini della loro rimborsabilità, indica -attraverso la distinzione tra farmaci indispensabili ed altri ritenuti meno essenziali- come anche in quest’ambito la medicina scientifica riplasmi continuamente le proprie nozioni e le regole di condotta che ne derivano.
7. A parere del CNB è bioeticamente e deontologicamente doveroso che nessuna pratica medico-terapeutica si sottragga all’obbligo di una sperimentazione sistematica, attuata secondo protocolli rigorosi, metodologicamente corretti e vincolanti, in nome del diritto costituzionale alla salute. E’ inoltre da esigere che ogni sperimentazione vada sottoposta a controlli pubblici, attuati per opera di esperti, terzi e indipendenti. Tale dovere incombe, a giudizio del CNB, su ogni pratica medica, quindi anche su quelle riconducibili alle medicine alternative. E’ essenziale che si richieda ai rimedi utilizzati dalle medicine alternative la medesima rispondenza agli standard di efficacia richiesta ai farmaci della medicina scientifica, non essendo accettabile l’istituzionalizzazione di un doppio standard per il mercato farmaceutico.
8. E’ peraltro da rilevare come alcune medicine alternative non accettino di essere sottoposte ai protocolli di verifica sperimentali comunemente adottati dalla medicina scientifica e rivendichino spesso peculiarità che dovrebbero esentarle o che renderebbero non praticabili tali controlli a loro carico. Su questo punto il dibattito epistemologico è particolarmente vivace e certamente non appare destinato a soluzioni rapide e condivise. Il CNB non ritiene di propria competenza prendere posizione su questioni puramente epistemologiche e metodologiche, ma non può non dare il giusto peso alle preoccupate prese di posizione in materia di numerose Società Scientifiche e Facoltà mediche e avverte comunque il disagio che tali controverse questioni suscitano in chi sia chiamato ad elaborare valutazioni bioetiche. Molti membri del CNB sono del parere che poiché la fragilità epistemologica (almeno di gran parte) delle medicine alternative appare a loro avviso attualmente dimostrata, essa debba comportare a carico dei medici che ad esse fanno ricorso, responsabilità particolari ed ulteriori, rispetto a quelle che normalmente vanno attribuite ai medici che applicano esclusivamente le metodiche, le Linee-Guida e i protocolli propri della medicina scientifica.
9. All’opinione pubblica deve essere necessariamente e prioritariamente data l’informazione fondamentale che la medicina che si pratica in modo prevalente nel mondo è la moderna medicina scientifica. Bisogna riconoscere (senza peraltro indulgere a trionfalismi, dato che numerosi sono gli errori e a volte le tragedie attivate da pratiche della medicina scientifica) che la diffusione su scala mondiale di questa medicina, assieme all’ulteriore fondamentale fattore delle mutate condizioni di igiene, di alimentazione e in genere di vita di molte popolazioni, ha consentito l’aumento della vita media, la corretta diagnosi, la cura ottimale e spesso la guarigione di un gran numero di malattie (tra cui in particolare quelle epidemiche e infettive). Ed è sullo sviluppo di tale medicina che si basano le speranze di trattamenti risolutivi di patologie oggi infauste, come molte malattie oncologiche, l’AIDS o il morbo di Alzheimer. La medicina scientifica è quella che, a partire dall’adozione del metodo sperimentale, si basa sull’insieme di quelle conoscenze relative alla struttura e alle funzioni del corpo umano che possono essere elaborate grazie all’interazione e all’integrazione di diverse discipline metodologicamente fondate, quali ad esempio la fisica, la chimica, la biologia e in particolare la biologia molecolare, la genetica, la fisiologia, l’anatomia, la patologia generale, la psicologia. Questa medicina, che giorno per giorno aumenta le proprie conoscenze grazie alle ricerche di innumerevoli studiosi, merita altresì di essere definita scientifica, perché è capace, grazie a un dibattito pubblico che esclude di principio ogni settarismo ed ogni esoterismo, di autocorreggersi e di modificare i propri concetti e le proprie prassi con grande flessibilità, in base all’esperienza degli errori compiuti e all’elaborazione di sempre nuovi paradigmi.
10.Come è doveroso, ad avviso del CNB, che i cittadini siano informati sullo statuto, sui progressi, sui successi e sui fallimenti della medicina scientifica, è altrettanto doveroso informarli che le medicine alternative –indipendentemente dai successi affermati dai loro cultori e che il CNB non intende nel contesto di questo documento revocare in dubbio- non possiedono uno statuto epistemologico caratterizzato da un analogo rigore. Molte di esse si configurano come elaborazioni filosofiche e/o spirituali a volte anche molto suggestive, ma irriducibili ad ogni controllo empirico. Alcune giustificano la loro efficacia non col riferimento a un corpus dottrinale pubblico, che possa essere insegnato, appreso e quindi trasmesso, ma a facoltà o a poteri congeniti, privati, ipotizzati come presenti nel terapeuta e di cui lo stesso terapeuta non è in grado di indicare la causa o la fonte obiettiva. Altre, come molte forme di medicina popolare, etnica o tradizionale, non hanno conosciuto alcun evidente progresso documentabile nella storia, come risulta evidente dal fatto che appaiono cristallizzate nei loro concetti e nelle loro prassi ataviche centenarie o addirittura millenarie (come ad es. la medicina ayur-vedica o quella tibetana). Altre ancora si impegnano nel ricercare conferme facendo riferimento a comuni nozioni delle scienze fisico-chimiche, senza riuscire mai però a stabilire alcun collegamento reale delle loro pratiche e delle loro pretese con quelle proprie delle scienze dotate di statuti metodologicamente consolidati. E non va sottaciuto come molte medicine alternative non solo assumano atteggiamenti antagonistici, a volte anche molto aspri e ingenerosi, rispetto alla medicina scientifica, ma siano reciprocamente irriducibili, basandosi su principi radicalmente alternativi tra loro e come sia quindi logicamente impossibile difenderle e giustificarle contemporaneamente per la contradizione che nol consente.
11. Quanto detto non comporta, come già si è osservato, che in un significativo numero di casi, grazie al ricorso alle medicine alternative, non si ottenga per molti pazienti il lenimento di loro disturbi (solo però –si osserva da più parti- quando questi sono di lieve rilevanza). E’ anche ben noto che i fautori di alcune medicine alternative insistono nel sottolineare come il loro massimo contributo consista nel trattamento sintomatico di casi cronici, difficili da trattare con i metodi scientifici. Molto più controverso è invece l’accertamento della reale efficacia delle medicine alternative quando siano attive nei pazienti patologie particolarmente severe o a rapido decorso e per le quali non si possono ipotizzare cause o concause psico-somatiche. Ad avviso di alcuni membri del CNB, l’efficacia delle medicine alternative, quando viene rilevata, troverebbe una spiegazione nel ben noto effetto placebo, nonché al maggiore impegno che in genere (e lodevolmente) i cultori di queste pratiche dedicano alla cura e al conforto di ogni singolo loro paziente. E’ infatti noto che alcuni cultori della medicina scientifica trascurano le esigenze psicologiche della persona malata, nella ricerca della corretta diagnosi e terapia della malattia, mentre in genere i cultori delle medicine alternative più frequentemente attivano nei confronti dei malati una prossimità che talora è assente nelle pratiche della medicina scientifica.
12.E’ opinione unanime del CNB che sia bioeticamente doveroso che tutti questi aspetti delle medicine alternative –nelle loro dimensioni positive, come in quelle negative- siano resi noti a tutti cittadini e in particolare ai pazienti. E’ doveroso altresì che questi aspetti siano ben conosciuti anche dai medici: essi devono essere sempre in grado di fornire una leale ed onesta informazione sull’efficacia e sui limiti delle prestazioni fornite da qualsiasi prassi medica e quindi anche da quelle non scientificamente o non ancora scientificamente fondate.
13.Al dovere del medico di fornire al paziente tutte le informazioni indispensabili perché egli possa assumere in piena autonomia le proprie decisioni si affianca, come è noto, l’onere del paziente di fornire al medico tutte le informazioni possibili in suo possesso per garantire una corretta diagnosi e un’adeguata indicazione terapeutica. Nel campo delle medicine alternative questo dovere del paziente assume un rilievo cruciale in relazione alle possibili interazioni tra le sostanze prescritte secondo i paradigmi delle medicine alternative e quelle prescritte in base ai protocolli della medicina scientifica: tali interazioni possono impedire ai medici di effettuare una diagnosi corretta e di indicare la terapia ottimale per il paziente. Spesso il paziente è portato a sottovalutare il dovere di fornire queste informazioni, sia perché ignora i possibili effetti dei prodotti farmaceutici (che a volte assume autonomamente, senza il controllo medico), sia per una indebita, ma a volte insuperabile forma di “pudore” nel riferire al medico che lo ha in cura la propria (a volte occasionale) adesione a un modello di medicina che egli sa da lui non condiviso. Da indagini attendibili risulta che in particolare i pazienti che fanno uso di antidepressivi regolarmente prescritti spesso, agendo di propria iniziativa, aggiungono coadiuvanti alternativi, ignorando che i prodotti naturali contro ansia e depressione possono avere effetti pericolosi se assunti contestualmente ad altri farmaci. Il CNB, nella consapevolezza della dimensione di questo problema, insiste sull’importanza di far comprendere all’opinione pubblica la necessità di fondare il rapporto medico-paziente su una reciproca e leale informazione quale elemento imprescindibile per la realizzazione di una vera “alleanza terapeutica”.
14. E’ da ritenere scontato che il dovere di ogni clinico sia quello di comportarsi, di fronte al proprio paziente, secondo scienza e coscienza. Questo antico motto lega insieme due entità diverse – la scienza e la coscienza – in un unicum professionale e vincola il medico –in quanto titolare di un titolo di studio pubblico e di una abilitazione pubblica all’esercizio della medicina- a seguire nel trattamento del paziente non le proprie intuizioni soggettive e private, anche se suggestive, ma ciò che è dettato dalle conoscenze scientifiche pubblicamente convalidate in ogni singolo momento storico. Il CNB riconosce come spetti ad ogni singolo medico la c.d. libertà di cura (in cui anzi è da vedere uno dei fattori del progresso della medicina); ma tale libertà deve necessariamente esercitarsi nella prospettiva fondamentale della tutela della salute del malato e quindi prevedere in primis la proposta al paziente dell’applicazione di rimedi di comprovata efficacia. Solo quando questi mancassero del tutto o si rivelassero nel caso concreto inefficaci (o comunque a minima probabilità statistica di efficacia) o comportassero contro-indicazioni vistose, o venissero comunque rifiutati espressamente dal paziente adeguatamente informato, potrebbe apparire lecito, col necessario consenso di questo, il passaggio verso altre terapie, purché però mai frutto di scelte soggettive e/o arbitrarie del terapeuta: è principio bioetico essenziale quello per il quale la libertà di cura debba sempre coniugarsi con la posizione di garanzia che l’ordinamento assegna al medico rispetto al paziente assistito.
15.E’ comunque indubbio, a parere del CNB, che in alcune circostanze (in particolare nel caso di forme morbose non gravi o di pazienti ipocondriaci o in fase di terapia palliativa) appaia giustificato ricorrere alla somministrazione di sostanze o all’esecuzione di pratiche scientificamente non convalidate, a condizione che il paziente, competente e informato, lo richieda espressamente. Il CNB unanime ribadisce però che nel caso di situazioni morbose sicuramente gravi, per le quali esistono rimedi conosciuti ed efficaci, non appare in alcun caso lecito, né giuridicamente, né deontologicamente, né bioeticamente che il medico non effettui gli accertamenti esigiti dalla medicina scientifica e non ponga in essere ogni sforzo per chiarire al paziente le conseguenze di un suo eventuale rifiuto di quelle cure che tale medicina giudica utili o addirittura indispensabili. Il CNB è quindi unanime nel ritenere che in tali casi le pratiche mediche non fondate scientificamente non possano sostituire quelle della medicina scientifica.
16.Il CNB è dell’opinione che, se un paziente, adeguatamente informato, intende espressamente rinunciare alle terapie della medicina scientifica e ritiene piuttosto di avvalersi delle indicazioni terapeutiche di una medicina alternativa prescrittagli da un medico, i costi delle preparazioni e delle prestazioni fornite non debbano essere posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
17. Particolare attenzione i medici dovrebbero riservare all’uso delle medicine alternative qualora i pazienti siano minori o incapaci, anche nel caso in cui esse vengano richieste da parte dei loro genitori o tutori. Se si escludono le patologie di minimo rilievo, che potrebbero anche suggerire l’ipotesi di non procedere a trattamenti terapeutici, nell’attesa di una più che probabile guarigione spontanea da parte del malato, i medici devono prescrivere sempre il ricorso a terapie scientificamente convalidate.
18.E’ auspicabile che le Università e più in generale tutti gli enti di ricerca nella loro autonomia sviluppino programmi di ricerca sulle medicine alternative, sulla loro storia, sulla loro diffusione, sulla loro plausibilità epistemologica, sui risvolti sociologici del loro impiego e su qualsiasi altro loro aspetto che sia rilevante ai fini della diffusione e dell’incremento del sapere. L’insegnamento o gli insegnamenti che abbiano per oggetto tali aspetti della medicina devono essere mirati a far conoscere agli studenti una problematica di grande rilievo nell’ambito della sanità contemporanea, ma non a veicolare in essi l’idea, epistemologicamente non giustificabile e non coerente col prestigioso valore legale dell’unitario titolo di studio rilasciato dall’Università, che il pluralismo nella scienza equivalga a un pluralismo delle scienze. Né è accettabile che l’insegnamento di tali aspetti della medicina possa avere una valenza professionalizzante particolare, spendibile sul mercato diversamente da quella di cui ordinariamente gode ogni medico.
19.E’ infine essenziale che l’insegnamento relativo alle medicine alternative venga affidato a studiosi individuati secondo le ordinarie modalità di reclutamento dei docenti universitari, senza concedere poteri decisionali (che acquisterebbero il carattere di indebiti privilegi) alle associazioni di riferimento delle medicine alternative (e questo in piena analogia con quanto avviene per le società medico-scientifiche, che, per quanto grande possa essere il loro prestigio, non hanno e non devono avere il potere di individuare formalmente i docenti universitari delle loro discipline di riferimento). Ogni medico (e non un medico ad hoc) deve ottenere negli anni della sua formazione una conoscenza adeguata delle ragioni che militano a favore e di quelle che militano contro le pretese delle medicine alternative. Il CNB su questo punto conferma l’avviso a suo tempo manifestato con la Mozione su medicine e pratiche non convenzionali, approvata il 23 aprile 2004.