Il focus del Festival di Bioetica (Santa Margherita Ligure, 26/27 agosto 2024), giunto alla ottava edizione, si concentra sul tema INTELLIGENZE osservato da vari punti di vista e nell'impatto che l'IA ha giù avuto, e avrà, a seconda dei settori in cui è, o sarà, applicata.
Interpelliamo Rosagemma Ciliberti, dell'Università di Genova, che interverrà al Festival nel panel dedicato all'IA in medicina.
Dal punto di vista di chi, come lei, insegna Bioetica e Storia della medicina nella Scuola di Scienze Mediche e Farmaceutiche dell’Università di Genova, che ruolo ha già (o è destinata ad avere) l'Intelligenza Artificiale nel campo della medicina e quali le implicazioni di carattere etico?
L’IA sta già avendo un impatto significativo nel campo della medicina: dalla diagnostica, alla personalizzazione dei trattamenti, fino alla gestione delle risorse ospedaliere e alla ricerca biomedica. Il suo ruolo è destinato a crescere esponenzialmente in futuro e, affrontare le sfide etiche associate al suo impiego, è essenziale per garantire che il suo sviluppo possa avvenire in modo responsabile, equo e trasparente.
Gli algoritmi di IA possono, ad esempio, essere influenzati dai bias presenti nei dati di addestramento, portando a diagnosi o trattamenti discriminatori nei confronti di alcuni gruppi di pazienti. È quindi cruciale, sotto il profilo etico, sviluppare e utilizzare algoritmi trasparenti e privi di pregiudizi per evitare azioni e decisioni che possano danneggiare le persone e creare disequilibri a livelli individuali e sociali. Inoltre, è altrettanto essenziale essere consapevoli delle implicazioni etiche e legali della gestione di tali informazioni sensibili e della necessità di una adeguata tutela della privacy.
L'IA, come ben ha sottolineato il Comitato Nazionale di Bioetica, dovrebbe essere uno “strumento di supporto”, non un “sostituto”, garantendo che le decisioni finali siano prese da professionisti umani che possono valutare il contesto completo dell’assistito. Tuttavia, l'idea di “confinare” la tecnologia come mero “mezzo” a nostra disposizione non è scontata. Non possiamo ignorare che questi strumenti stanno riscrivendo le dinamiche della nostra esistenza.
L’IA dischiude problematiche complesse che richiedono approcci altrettanto articolati e l'integrazione di diverse competenze per garantire soluzioni efficaci e responsabili che coinvolgano l’intera collettività.
L'educazione degli operatori della salute verso la complessità del pensiero e la formazione, non solo digitale, ma anche etica riguardo alle tematiche dell'IA è cruciale per garantire un suo utilizzo etico e benefico per tutta la società.
Se riflettiamo sull'aspetto specifico del rapporto medico/assistito, quale pensa che sarà l'apporto dell'IA?
Il rapporto medico/assistito ha conosciuto nel tempo molte sollecitazioni e trasformazioni. Basti pensare al riconoscimento di una crescente autonomia dell’assistito in ambito decisionale, all’avvento dell’équipe terapeutica che ha promosso un approccio multidimensionale nella cura della persona (rispetto al tradizionale rapporto diadico medico/paziente) e, ancora, all’introduzione delle tecnologie digitali, che hanno reso più accessibile il rapporto con la struttura sanitaria, superando confini spaziali e difficoltà logistiche.
L’IA ha il potenziale di trasformare ulteriormente e in modo significativo il rapporto équipe/assistito, offrendo numerosi vantaggi. Ad esempio, l’IA può ridurre il carico di lavoro dei medici, consentendo loro di dedicare quel “tempo alla comunicazione” che la recente legge in tema di informazione (legge n. 219/del 2017) indica essere “tempo di cura”, nell'interazione diretta con i pazienti. Tuttavia, questi benefici comportano anche significative implicazioni etiche.
L'uso dell'IA nelle decisioni cliniche deve rispettare l'autonomia sia dell’operatore sanitario che del paziente. Ma quale autonomia dell’operatore può sussistere se lo stesso non è in grado di comprendere i meccanismi logici per cui da determinate premesse l’IA perviene ad una determinata conclusione differente dalla sua? Quale può essere l’autonomia dell’assistito se non può essere adeguatamente informato sui processi decisionali in cui l'IA è coinvolta. Quale può essere il confronto con un algoritmo che tutto sa di noi mentre noi nulla sappiamo di lui? Si tratta di problematiche complesse che, ancora una volta, richiedono approcci variegati e sinergie di interventi.
In sintesi, l'integrazione dell'IA nella medicina può portare a miglioramenti significativi nel rapporto medico/assistito, ma è fondamentale affrontare con attenzione e competenza le implicazioni etiche e di biodiritto per garantire che l'autonomia e la dignità di entrambe le parti siano preservate e rispettate.
Intervista a cura di Tiziana Bartolini