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Il focus del Festival di Bioetica (Santa Margherita Ligure, 26/27 agosto 2024), giunto alla ottava edizione, si concentra sul tema INTELLIGENZE osservato da vari punti di vista e nell'impatto che l'IA ha giù avuto, e avrà, a seconda dei settori in cui è, o sarà, applicata.
La Prof.ssa Linda Alfano, psicologa e psicoterapeuta, dottore di ricerca e prof. a contratto di bioetica e psicologia generale presso l’Università degli Studi di Genova, già giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Genova, è particolarmente interessata alle tematiche relative al disagio adolescenziale.
Al Festival è previsto un suo intervento nel panel dedicato all'IA in medicina: l'abbiamo interpellata, nell'ambito di questo delicato argomento, in relazione ai suoi settori di ricerca.

Sulla base della sua esperienza 'sul campo' nell'ascolto dei minori, quale sono le nuove caratteristiche degli adolescenti di oggi?
L’adolescenza, periodo della vita particolarmente ricco di opportunità, ma non scevro da pericoli, presenta oggi delle specificità. In primo luogo, va sottolineata la precocità che caratterizza lo sviluppo e la crescita di tutte le aree della personalità degli adolescenti, sia da un punto di vista fisico (grazie alla profilassi vaccinale, agli sport, alla più ricca e completa alimentazione), sia da un punto di vista mentale (grazie alle costanti sollecitazioni culturali dell’ambiente naturale e digitale). Tale precocità di esperienze comporta non solo aspetti positivi, ma anche rilevanti problematiche, soprattutto quando non si accompagna alle reali capacità cognitive ed emotive dei ragazzi, ma è sollecitata dai bisogni di tempo e di libertà degli adulti.
I ragazzi di oggi sono continuamente idealizzati, fotografati, caricati di aspettative di realizzazione e di popolarità e proiettati verso il successo. Sono cioè esposti a pericolosi sentimenti di delusione che hanno a che fare con la vergogna per le proprie fragilità, per il proprio corpo, per l’incapacità di non essersi mostrati all’altezza di tante aspettative.
Ai vissuti di vergogna e mortificazione sono correlate le malattie della contemporaneità, quali il ritiro sociale, l’uso di sostanze, i disordini alimentari, la depressione, l’ansia, i gesti autolesivi, il suicidio.
Altro aspetto rilevante riguarda l’identità di genere, oggi fluida e sfumata, così come l’orientamento sessuale e il desiderio. I giovani godono oggi di maggiore libertà espressiva, possono sperimentare più agevolmente ruoli e costumi sessuali, ma sentono anche un grande bisogno di riconoscimento, di rispecchiamento, di conferme. I ragazzi spesso non sanno stare con se stessi, hanno paura dell’intimità, annacquano i rapporti mediante lo stordimento da uso di alcool e sostanze psicotrope sempre più pericolose. Hanno paura dei legami, ma nel contempo hanno paura di restare soli e di essere abbandonati.
Il terzo aspetto da rilevare è il problema della dispersione scolastica, che rimanda, da un lato, alle patologie della vergogna, al crollo dell’ideale dell’io, all’impossibilità di sostenere la frustrazione ed affrontare gli ostacoli e, dall’altro, alla scarsa motivazione all’impegno, perché le energie impiegate per studiare non vengono percepite come un investimento, perché la scuola non è più un ascensore sociale verso una vita migliore. La distanza tra docenti e studenti è aumentata; gli insegnanti spesso non vengono percepiti come punti di riferimento per i loro studenti, che tendono a ricercare nella rete un’alterità quale modello di identificazione e di successo (influencer, You-tuber e simili).

In questo contesto, quale è l’aspetto della IA che più la interessa?
Oggi l’adolescente ha maggiori difficoltà ad esperire una relazione di fiducia con il mondo adulto, che non gli sembra più capace di comunicare e di comprendere. Se nel passato i ragazzi potevano usufruire dell’insegnamento degli adulti significativi, oggi la persistente incertezza esistenziale del mondo adulto li rende confusi, incerti. In questo contesto la rete propone agli adolescenti modelli identificativi, cura, psicoterapia.
Le società che elargiscono servizi di psicoterapia in maniera digitalmente mediata, in particolare i chat bot dell’Intelligenza Artificiale, si stanno affermando in modo sempre più rilevante. Dai dati forniti dalle agenzie digitali si può osservare che l’utenza più rappresentata che affluisce a questo tipo di servizio è costituita prevalentemente da adolescenti e post-adolescenti, di età compresa tra i 16 e i 25 anni. Si tratta di una generazione cresciuta in un mondo immerso nella dimensione digitale, abituata a mediare ogni tipo di relazione e di comunicazione attraverso lo smartphone, i social network, le app di messaggistica, una generazione che ha vissuto i momenti più significativi della propria crescita dentro casa a causa della pandemia.

Che cosa la preoccupa?
Le Intelligenze Artificiali risultano attraenti per i giovani perché non sono percepite come giudicanti, e questa condizione aiuta il ragazzo a superare la vergogna e a confrontarsi anche su temi intimi e difficili. C’è un cambio totale di setting. Nella seduta digitale non è più necessario l’accesso allo studio del clinico, l’orario è flessibile e le distanze non costituiscono più un motivo di interruzione. L’offerta digitale 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 svolge un ruolo di supporto continuativo di facile accesso per i ragazzi, consentendo un considerevole aumento delle prese in carico, ma parimenti crea nuovi bisogni e nuove problematiche.
Mi riferisco per esempio al fenomeno del drop out clinico. La facilità di accesso e la familiarità con il mezzo digitale induce i giovani, dopo alcuni mesi di sedute, non osservando significativi cambiamenti, ad abbandonare prematuramente il percorso, con ciò rendendo più problematica la successiva possibilità ad affidarsi ad un altro terapeuta: le ricerche infatti dimostrano come per i successivi cinque anni i ragazzi del drop out, pur continuando a stare male, non rientrano in alcun sistema di cura.
L’introduzione dell’IA nel contesto della salute mentale comporta molti rischi e punti di debolezza, che hanno a che fare con la mancanza di una supervisione umana nei colloqui con l’assistito, con il rischio di un “fai da te” pericoloso, di un incremento pregiudizievole dell’autodiagnosi, in assenza di una qualsiasi possibilità di correzione.
Altra questione di rilevanza etica e deontologica attiene alla privacy e alla protezione dei dati e del tipo di argomento che viene trattato. I dati di queste conversazioni dove saranno conservati? Chi avrà la responsabilità del diario clinico, dello storico delle conversazioni depositato nel cloud? Quali tutele potrebbero essere approntate nel caso in cui le società che gestiscono questi dati dovessero fallire o decidessero di venderli a terzi?
Interrogativi complessi ed inediti, che necessitano di riflessioni di più ampio respiro, sul piano etico e normativo.
Untervista a cura di Tiziana Bartolini

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